Cop28: intervista a Francesco Corvaro, inviato speciale per il clima

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(con la collaborazione di Vera Lazzaro)

La figura di Inviato speciale per il Clima svolge un ruolo fondamentale nella definizione di trattative internazionali sulle politiche ambientali. Da Agosto di quest’anno, questa figura è ricoperta da Francesco Corvaro, Professore Associato in Fisica Tecnica Industriale presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale e Scienze Matematiche dell’Università Politecnica delle Marche. Noi di Change The Future l’abbiamo incontrato in occasione della COP 28 di Dubai.

Può spiegarci in cosa consiste il suo ruolo in quanto inviato speciale per il clima? 
Il mio ruolo è quello di creare una congiunzione tra il negoziatore, che ha un ruolo estremamente tecnico nello scegliere le singole parole, e il mondo politico. Quello del clima, è un tema molto complesso che richiede un background scientifico importante e di norma, il ruolo della politica è quello di dare degli indirizzi. Per quanto riguarda la parte pratica, Io faccio in modo che questi indirizzi si traducano in pratica sul negoziato. Poi c’è la parte di rappresentanza presso i vari tavoli internazionali. 

Cosa l’ha portato ad interessarsi al tema ambiente?
Dobbiamo tornare indietro nel tempo. Nel 2002 ho fatto la tesi di laurea su un tema di cui adesso parlano tutti, il life cycle assessment (LCA), il ciclo di vita dei prodotti per vedere il loro impatto ambientale. Da quando mi sono laureato e ho iniziato la mia carriera, mi sono occupato sempre di sostenibilità ambientale a livello di ricerca e poi di energie rinnovabili. 

Quali sono i benefici che i giovani possono portare per affrontare la questione del cambiamento climatico? 
L’abbiamo dimostrato con l’evento che abbiamo organizzato in occasione della Youth4Climate, un’iniziativa globale, guidata dall’Italia e dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), dove abbiamo chiesto ai ragazzi provenienti dai paesi in via di sviluppo di presentare dei progetti per combattere il cambiamento climatico basandosi su 4 temi principali: energia, urbanizzazione resiliente, educazione e cibo. 
Da ingegnere, riconosco che sotto un punto di vista tecnico, i progetti presentati dai giovani sono davvero ben fatti. Questo dimostra la passione dei giovani rispetto a questo tema. Ma soprattutto, la loro capacità di ragionare al di là delle frontiere proprio perché, il cambiamento climatico non ha frontiere. 

Durante questi giorni di COP28, ha notato un coinvolgimento attivo dei giovani nelle trattative e nelle discussioni? 
Ho partecipato a tante trattative/ discussioni e i documenti presentati dai giovani sono stati recepiti come risorse da studiare per implementare i negoziati. Inoltre, ho partecipato a tanti eventi organizzati da loro durante lo Youth Day, dunque si, ho visto effettivamente una loro partecipazione attiva e propositiva.

Pensa che si stia facendo abbastanza in tema di educazione ambientale nelle scuole in Italia?
No, non si sta facendo abbastanza. Vorrei convocare un tavolo tecnico con il Ministro per lo Sport e i Giovani e  il Ministero dell’Università e della Ricerca per comunicare il fatto che l’Italia sta finanziando dei progetti relativi al capacity building per i giovani, dunque sarà il caso che anche in casa, scusate il gioco di parole,  iniziamo ad apprezzarci. 
C’è un grande problema a questo proposito, bisogna formare i formatori, i docenti devono ricevere i giusti strumenti. Parlare di Cambiamento climatico necessita di basi scientifiche. I giovani sono assolutamente in grado di reperire le risposte in giro, ma senza formazione risulta difficile riconoscere la verità da ciò che non è vero. Solo formandosi i giovani possono comprendere veramente un tema così complesso come quello del cambiamento climatico.

Alla luce dei temi affrontati in questa COP28 pensa che ci saranno dei cambiamenti per quanto riguarda l’agenda politica governativa italiana, nuove priorità relativamente ai giovani?
Posso già affermare che il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, è dalla parte dei giovani e particolarmente interessato al tema del cambiamento climatico. 
Sarà uno dei temi di cui discuteremo anche nella presidenza G7. Vorremmo portare il ruolo dei giovani e della loro educazione sul tema ambientale climatico, per sensibilizzare anche gli altri paesi del G7 e in parallelo quelli del G20 e per incoraggiarli a realizzare formazioni per i giovani a tema ambiente.
In questo campo, noi siamo i pionieri, abbiamo inventato la youth4climate, e vorremmo allargare l’iniziativa, ottenere nuovi fondi in quanto quello del cambiamento climatico è uno dei temi che entrerà pesantemente in politica. 

Se dovesse dare un consiglio alle associazioni giovanili che cercano di avviare un dialogo con le istituzioni, quale sarebbe?
Sicuramente ciò che vince in questo settore è la competenza, il conoscere. Non bisogna pensare di conoscere il tema dopo essersi informati sui social media. Un esempio di piattaforma valida per informarsi è GeoPop, sono ragazzi in gamba che mettono sempre tutte le fonti. Formarsi da fonti solide e vere è molto importante. 
Poi i giovani hanno la possibilità di avere un inviato per il clima che viene dal loro mondo, io sono aperto ad incontrare tutti. A questo proposito, se le nuove associazioni riuscissero ad interfacciarsi con chi è più avanti nel percorso, il meccanismo sarebbe più efficiente. Il mio consiglio è di non cercare la scorciatoia, il cambiamento climatico è un problema che ha a che fare con leggi fisiche.