Quando volontariato e rievocazioni storiche si incontrano

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Cavalieri, dame, bandiere, fiaccole. Potrebbero sembrare solo parole, ma racchiudono una storia decennale, fatta di passione e tradizione.

Era settembre. Io e mia madre comprammo una stoffa verde oliva che mi colpì subito. Grezza, ancora da lavorare, ma già immaginavo di indossare quel bellissimo colore e di abbinarlo ad una camicia ricamata.

Fino a quel momento, le rievocazioni storiche e le manifestazioni folkloristiche del mio territorio le conoscevo soltanto di riflesso dai racconti rubati nei corridoi di scuola o ascoltati nei servizi del tg. A 16 anni iniziai quasi per gioco qualcosa che avrebbe arricchito enormemente le mie amicizie e le mie esperienze di vita. Sentivo il bisogno di iniziare a sentirmi a casa in un posto di cui in realtà sapevo ben poco.

Sono nata a Foligno, una città della provincia umbra, da due genitori settentrionali; a casa non abbiamo mai parlato dialetto e i piatti che i miei preparano sono sempre stati diversi dalla cucina a cui sono abituati molti miei amici.

Per questo motivo ero rimasta per diversi anni distante dalla maggior parte delle usanze della mia città. Finché, come già anticipato, non andai a comprare una stoffa verde oliva.

Vi starete chiedendo cosa sia diventato quel pezzo di stoffa. Dopo tutti questi anni lo indosso ancora. Un’amica di famiglia trasformò quella stoffa in una bellissima gonna da popolana, parte del tradizionale abito che i volontari della Quintana di Foligno indossano durante i giorni di manifestazione. Mi entusiasma sempre vedere come ciascuno reimmagina il proprio stile da popolano, vestendo gli stessi abiti in maniera differente.

Trovo gli abiti indossati dai popolani un elemento fondamentale, che fa immergere chi li osserva in un’atmosfera unica nel suo genere. Sono la prima cosa che salta all’occhio dei turisti e dei passanti per le vie del centro: centinaia e centinaia di persone di tutte le età distinte dal resto degli abitanti e che sembrano provenire direttamente dal passato. L’abito è stato per me il primo approccio a questo mondo e ogni volta che indosso la mia gonna verde oliva è come se tornassi alla me stessa di 7 anni fa. Nonostante il tempo che scorre, ogni anno è come se tutto si azzerasse e ricominciasse esattamente dove si era fermato l’ultima volta che si era varcata la soglia della taverna con addosso il proprio vestito. La sensazione di rientrare in taverna durante il periodo di manifestazione è paragonabile a ciò che si prova quando si torna a casa dei nonni, quando visitiamo la nostra vecchia scuola o quando incontriamo una persona che non vedevamo da anni. Quel posto divenuto statico e fermo per un breve periodo torna così a risplendere e a riempirsi di un bellissimo caos che riecheggerà fra le sue mura per due settimane consecutive.

Desidero farvi immergere in una storia che racchiude in sé le vite di generazioni di volontari. La mia attenzione è particolarmente rivolta ai giovani, parte integrante della comunità della Quintana e presenza assidua e fondamentale nei rioni. Questa storia è anche la mia storia e quella di molti altri che hanno incrociato il loro sentiero con un mondo fatto di duro lavoro, accompagnato però da grandi soddisfazioni. Per tanti “Quintana” potrebbe indicare soltanto una manifestazione che si tiene due volte l’anno e che ottura le strade di Foligno, rendendo impossibile trovare parcheggio. Per altri invece significa casa, seconda famiglia. Essere parte di uno dei 10 rioni vuol dire avere un’identità precisa, riconoscersi in determinati simboli, tradizioni e colori. Il rione è un luogo, simbolico e non, dove non importa da dove vieni o chi sei, ma contano il lavoro delle tue braccia, l’attenzione e la cura che dedichi alle persone, l’importanza che doni al tuo ruolo. Alla fine saprai sempre che tutto questo verrà ripagato da un senso di appartenenza incommensurabile e che non molti possono dire di provare per la città in cui vivono. L’amore e la passione che muovono i popolani della Quintana di Foligno sono il motore di una macchina che non ha mai smesso di lavorare da quasi 80 anni.

La Quintana di Foligno: Storia e Significato

L’Umbria è terra di rievocazioni storiche e manifestazioni folkloristiche. Dai piccoli paesini alle grandi città, questa regione vanta una lunga tradizione di eventi annuali che rendono il suo territorio ricco di identità. 

La Giostra della Quintana di Foligno prende forma nel 1946, quando l’allora cittadina stava tentando di tornare alla normalità in seguito al secondo conflitto mondiale. Ai suoi abitanti, i folignati, occorreva motivazione e speranza, e proprio per questo la Quintana dimostrò di essere un’occasione di rivincita e di riscoperta di una storia antica. Dal 1946 sono cambiate molte cose: la Giostra è diventata la ricorrenza più attesa e più sentita del territorio di Foligno, raccogliendo a sé migliaia di volontari, giovani e adulti. Oltre a loro, l’Ente Autonomo della Giostra della Quintana raccoglie una gerarchia di ruoli dediti alla rievocazione tutto l’anno attraverso il museo dedicato, l’organizzazione generale e la rappresentanza della Giostra in ambito pubblico. Inoltre e soprattutto, vi sono anche i cavalieri e lo staff a loro riservato, ossia la commissione tecnica, chiamata in gergo “scuderia”:  essi sono i protagonisti del torneo cavalleresco attorno al quale ruota la manifestazione.

La Quintana si dispiega in due periodi dell’anno: giugno e settembre, rispettivamente per due settimane. Alla fine di entrambi i periodi di manifestazione si tiene la tanto attesa tenzone tra i cavalieri al “Campo de li Giochi”, un percorso di gara con forma a 8 delimitato da bandierine. Al centro del campo si trova la statua del Dio Marte, con il braccio destro esteso a cui viene agganciato un anello. La Giostra prevede 3 tornate: durante ciascuna di esse, il binomio cavaliere e cavallo di ogni rione deve effettuare a turno il percorso nel minor tempo possibile, senza abbattere le bandierine e soprattutto prendendo tutti e tre gli anelli della tornata. Un elemento da non sottovalutare è che la Giostra diviene sempre più difficile a causa della dimensione dei tre anelli, che diminuisce ad ogni tornata. Al vincitore che avrà totalizzato il punteggio più alto nel minor tempo viene consegnato il palio, un gonfalone commissionato ogni volta ad un artista diverso.

I giorni che anticipano la Giostra sono ricchi di attesa e di preparazione. La città si accende di fiaccole e di risate fra le vie che delimitano i rioni, ciascuno con la propria taverna, sempre aperta a cena e fino a tarda notte. Fra piatti della tradizione e vino umbro i popolani vestiti con i loro colori e il tradizionale fazzolettone corrono per tutto il rione per servire i clienti. Mentre la taverna si riempie di profumi, convivialità e freneticità, in un’altra ala del rione la commissione artistica si ritrova ogni sera in preparazione del corteo storico che anticipa la Giostra. Il corteo storico vede sfilare le rappresentanze rionali per le strade principali del centro con i tipici abiti del periodo Seicentesco folignate. Gli abiti sono confezionati dalla sartoria della commissione artistica di ciascun rione ed il corteo è curato dai volontari che permettono alla rievocazione di prendere forma. Gli occhi degli spettatori sparsi per le strade si illuminano davanti allo sfoggio del lavoro minuzioso e accurato delle sartorie, mentre ciascun rione porta con orgoglio i propri colori ed il frastuono dei tamburi riempie la scena. Al termine del corteo storico viene poi letto il bando di gara in Piazza della Repubblica, che preannuncia la Giostra del giorno dopo e lascia gli spettatori in un’atmosfera di fermento. La Giostra viene inoltre tradizionalmente attesa dai popolani con una veglia notturna, dove si canta, si mangia, si fanno premonizioni. Durante quella lunga notte di attesa, tutti i 10 rioni prendono vita per un’ultima volta prima del grande giorno.

Storie di Giovani Volontari

La Quintana è fatta di persone. Senza i volontari che la costituiscono, non potrebbe mai essere ciò che è. Loro fanno in modo che la città si risvegli dal suo sonno invernale e torni a fiorire alle porte dell’estate. Con il loro lavoro rendono omaggio a chi è venuto prima e a chi verrà in seguito, non dimenticando mai quanto sia importante far coincidere tradizione e modernità. Vorrei partire proprio da questa immagine, soffermandomi sul ruolo che le nuove generazioni hanno nelle rievocazioni storiche e su cosa significa essere un giovane volontario della Giostra della Quintana.

Ho avuto il piacere di intervistare tre volontari che mi hanno dato la possibilità di entrare nella loro esperienza personale. La loro visione di questo mondo mi ha ricordato quanto, nonostante la rivalità presente durante il periodo quintanaro, in realtà siamo molto più simili di quanto immaginiamo e viviamo le stesse emozioni e le stesse paure, solo indossando colori diversi.

Aurora, 22 anni, mi racconta che non appena ha varcato la soglia del suo attuale rione è rimasta colpita dall’atmosfera che si respirava. “Non ho esitato un attimo, ho capito in quell’esatto momento che sarebbe diventata la mia seconda casa”. Attualmente Aurora fa parte della commissione taverna del Rione Giotti: prende le prenotazioni, gestisce le ordinazioni e la clientela. Ma il suo ruolo e la sua costanza non si limitano a questo: “Contribuisco dove c’è bisogno, amo essere a disposizione per il mio rione. Oltre al settore taverna, faccio parte della commissione artistica, ed è un impegno che mi occupa tutto l’anno, soprattutto durante l’inverno”. Aurora si è dovuta trasferire a Roma per gli studi, ma tiene molto a dirmi che nonostante la distanza cerca in ogni modo di aiutare, e se non c’è lei, c’è sua madre, abile nel cucito. “Prima di entrare a far parte del settore costumi non potevo immaginare quanto fosse complesso e lungo il processo per poter realizzare un corteo. La cosa curiosa è che inizi a guardare il corteo in maniera estremamente critica e minuziosa: guardi se la perlina è al suo posto, se i colletti e i polsini sono inseriti nel modo giusto, e via dicendo”.

Quando le ho chiesto se ricorda un momento particolarmente speciale vissuto durante la Quintana, si sofferma sulla vittoria del suo rione a settembre 2022, la prima che ha potuto festeggiare come popolana. “Era un periodo speciale: Massimo Gubbini (al tempo cavaliere del rione) era appena tornato, e già da giugno si respirava un’aria diversa, carica di aspettative. Forse l’istante più forte di tutti è stato durante la veglia, la notte prima della Giostra. Mattia Q. economo del Rione e mio più grande punto di riferimento, insieme ad Alessandro M. responsabile della taverna, mi fissò negli occhi. Il suo sguardo era strano, ma sicuro. In quel momento capii subito: lo avrei abbracciato in mezzo al campo. Ancora oggi, ripensandoci, mi viene un brivido lungo la schiena”.

Giulia, 27 anni, parte della commissione tecnica del Rione Pugilli, mi racconta che per lei i momenti speciali non si fermano alle vittorie: “Il vero successo è il compimento del percorso stesso, con ostacoli e avversità che portano a tante piccole soddisfazioni, giorno dopo giorno”. Giulia è entrata a far parte del suo rione per via di un incontro speciale tra curiosità e alcuni amici che già frequentavano la Quintana. Da lì il suo percorso l’ha portata ad entrare nella commissione tecnica e a lavorare a stretto contatto con l’animale protagonista della Giostra, il cavallo. “Entrare a far parte della scuderia è sicuramente la cosa più stimolante che potessi scegliere di fare, in primis perché amo la natura e il mondo animale, e la cura che doniamo a queste meravigliose creature non ha eguali. In secondo luogo perché far parte della commissione tecnica significa far parte al 100% del Rione, svolgendo un ruolo principale di responsabilità”. Chiedendole in che modo questa esperienza l’abbia arricchita a livello personale e/o professionale, mi risponde: “Questa esperienza mi ha dato tanto. Al di là delle conoscenze tecniche, della responsabilizzazione e della crescita ricevute, ho scoperto tantissime cose che prima davo per scontato o che ignoravo semplicemente. Quello di cui mi sento più impreziosita sono i rapporti con le persone che condividono con me questi momenti. Possono sembrare occasioni frivole agli occhi di chi non riesce a comprendere quanto sudore, amore e gioia vengono investiti in una tornata, in una tavola che sbatte bicchieri cantando o nella lacrima versata da una dama che realizza il suo sogno. Grazie a tutto questo mi sento veramente fortunata e spero di essere riuscita a trasmettere la mia emozione attraverso queste parole”.

Samuele, 30 anni, parte del consiglio del Rione La Mora da 2 anni, ha iniziato a frequentare il rione nel 2009 nel modo in cui iniziano tutti, ossia servendo ai tavoli della taverna. Vanta una carriera come tamburino lunga 12 anni, di cui 9 con il ruolo di capo tamburino, conclusasi giusto la scorsa Quintana. A tal proposito, mi racconta di due episodi connessi alla sua esperienza come tamburino: il primo riguarda la sua prima volta in questa veste, il secondo invece la sua ultima volta. “Era la sera della sfilata e noi eravamo 13 tamburini in totale. Secondo le regole, ne potevano sfilare solo 12. Io e un altro ragazzo giocammo a testa o croce: chi vinceva avrebbe sfilato, mentre chi perdeva avrebbe fatto l’ingresso al Campo il giorno dopo. Ovviamente io persi, ed entrai al Campo de li Giochi insieme a tutti gli altri il giorno della Giostra. Fu un momento pazzesco – e meno faticoso” mi racconta sorridendo. “Entrare in campo con tutta la platea disposta, le luci, l’attesa, fu davvero bellissimo”. L’ultimo giorno come tamburino Samuele lo ha trascorso insieme al suo gruppo, accolto dal calore della folla: “Sfilai come tamburino fra striscioni, saluti del pubblico, applausi da parte di amici e conoscenti”. Samuele è anche parte della commissione tecnica ed è responsabile del merchandising e della produzione di gadget per il rione. “Ritengo che il merchandising e i gadget siano un elemento fondamentale per costruire un dialogo con il pubblico esterno e soprattutto con i giovani” mi confida. “A parer mio, un’efficace rappresentazione esterna è sinonimo di ciò che siamo all’interno, Non si tratta solo di guadagno, si tratta del marchio che si vuole avere per essere notati fuori”. Oltre a tutto questo, Samuele è parte del gruppo che organizza eventi collaterali al periodo della Quintana: cene, feste, occasioni culturali che hanno luogo durante tutto l’anno e che mantengono alta la partecipazione dei soci e del pubblico.

Queste tre storie sono diverse eppure così simili fra loro. I punti di contatto fra i volontari della Giostra della Quintana sono infiniti e continuano ad evolversi col trascorrere del tempo e delle generazioni. Non c’è dubbio che, chi è rimasto in un rione per tanti anni, ha intrecciato legami solidi e duraturi, ha avuto tantissime esperienze che lo hanno arricchito non solo a livello personale ma anche professionale. Non ho potuto fare a meno di domandarmi cosa ne sarà della Quintana e di tante altre manifestazioni tradizionali delle province italiane. I giovani spesso partono, per studiare o per lavorare in altre regioni se non addirittura in altri paesi. Come possiamo mantenere viva la tradizione in un mondo che cambia sempre più velocemente? Come possiamo coinvolgere i giovani e far amare loro il proprio territorio?

Dopo tutti questi anni all’interno della manifestazione ho imparato che non c’è una sola risposta a questo quesito, ma molteplici. Quello che possiamo fare è unire le diverse visioni in un’unica soluzione, che sia inclusiva e sempre pronta ad accogliere nuove idee.

Aurora: “Penso che la Quintana sia un ottimo strumento per avvicinare i giovani alle tradizioni del territorio. Tuttavia, ritengo che sia sempre più difficile coinvolgerli, perché le nuove generazioni sono cambiate. Un tempo, il rione era anche un pretesto per uscire, passeggiare in centro o stare fuori fino a tardi; oggi questa esigenza non esiste più. Eppure, sono convinta che la Quintana abbia molto da offrire ai giovani folignati, ed è proprio per questo che mi impegno a far capire che entrare nel rione significa molto più che servire a tavola o divertirsi la sera – anche se il divertimento fa parte dell’esperienza. Varcare il portone della corte significa trovare un luogo che protegge, una famiglia, una storia da custodire e tramandare. È un mondo fatto di racconti, di aneddoti, di amori che nascono e famiglie che crescono”.

Giulia: “Il rapporto fra i giovani e la Quintana è sempre un argomento delicato, per il semplice fatto che se ne potrebbe parlare per ore trovando cause e conseguenze per poi accorgersi che la verità sta un po’ nel mezzo. Se è vero che prima non c’era tutto questo sviluppo e questa tecnologia che hanno portato ad avere nuove attrattive, d’altro canto la Quintana si è un po’ posata su se stessa e sull’incredibile frenesia della società moderna. Per stare al passo coi tempi talvolta si rischia di trascurare la parte più vera della manifestazione. Mi sento di dire che, a prescindere da torti e ragioni, ciò che viene meno è la passione, se non ce l’hai nelle vene non esiste insegnamento che possa tramandarla”.

Samuele: “La Quintana è attrattiva per i giovani. Chi pensa il contrario a parer mio non è mai stato in taverna o se ci è stato si è ritrovato solo in situazioni scomode, magari quando qualcuno ha alzato un po’ il gomito. Per quanto riguarda il nostro rione, siamo molto inclusivi. Sono nati tanti legami e tante relazioni qui. Io personalmente ho conosciuto la ragazza con cui mi sono sposato e ho creato tante amicizie. Per la società di oggi, dove è sempre più difficile costruire relazioni, partecipare alla Quintana è un modo per esplorare e per conoscere persone nuove. Si potrebbe aprire la taverna per attività settimanali, viverla come un circolo, come un punto di ritrovo. Forse è un’utopia difficile da gestire, ma sarebbe bellissimo”.

Foto di Milla Sabbatini @millatakesphoto