Biden è il nuovo presidente degli Usa: il racconto dell’elezione più lunga

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di Federico Brignacca e Ygnazia Cigna

“L’America ci ha scelto e ha parlato: basta toni aspri”. Così il presidente eletto Joe Biden spezza l’attesa sul risultato di queste elezioni particolari. Il neopresidente si trova di fronte da una parte un paese diviso e dall’altra il presidente uscente Trump che non accetta la sconfitta.

Il ritardo nel conteggio dei voti in alcuni stati chiave, ostacolati dalle dichiarazioni e dai ricorsi alla Corte Suprema di Trump, hanno messo in bilico la democrazia. Il paese, secondo i primi risultati, non stava andando nella direzione sperata da Donald Trump. Nei giorni precedenti alle elezioni l’ormai ex presidente ha dichiarato che non avrebbe accettato facilmente una sconfitta. La sua avversione nei confronti del voto postale ha fatto da pilastro a questa particolare campagna elettorale.

L’affluenza più alta del secolo

L’affluenza al voto non è mai stata così alta dal 1908, record che tocca anche la partecipazione giovanile. Affluenza facilitata anche dal controverso metodo del voto postale che in tanti hanno richiesto.

La notte elettorale, rompendo la consuetudine, non ha definito un presidente tra i due candidati, tenendo tutti gli americani e il resto del mondo in balia di un risultato che giorno dopo giorno sembrava poter essere ribaltato.

Gli spogli, iniziati intorno alle 2 del mattino (ora italiana), hanno chiarito sin da subito che il conteggio dei voti giunti per posta avrebbe dilatato i tempi. Alle 3.30 i seggi di metà del paese erano chiusi. Da questo momento in poi è stato un testa a testa tra i due candidati. Si è assestato intorno alle 6 con un vantaggio di Biden. Questo risultato parziale è rimasto congelato fino alla serata di ieri, 7 novembre, quando Joe Biden è stato dichiarato presidente eletto con 279 grandi elettori. Adesso i grandi elettori di Biden, nove più del minimo necessario per essere eletto presidente, il 14 dicembre voteranno il presidente. L’aspettativa è che si allineino con l’elezione popolare e confermino Joe Biden presidente. La data più importante è il 20 gennaio quando si svolgerà il giuramento del 46° presidente degli Stati Uniti d’America.

Ricorsi e minacce non fermano la democrazia

Dalla Casa Bianca fanno sapere che il l’ormai ex presidente Trump si sta consultando con i suoi legali perché non vuole accettare l’esito del voto. Nel frattempo Biden, da presidente eletto, con il suo primo discorso dopo l’annuncio dell’elezione cerca di riportare la calma. La sua rivoluzione sembra iniziare già nella scelta dei termini: “Lasciamoci alle spalle la cupa era di demonizzazione reciproca. Finiamola, qui e ora. Mi impegno ad essere un presidente unitario: non divisivo. Torniamo ad essere Stati Uniti d’America”. Un invito rivolto a tutti, sottolineando che il suo impegno sarà essere il presidente di tutti. Parole ben lontane dalle preoccupanti dichiarazioni che nei giorni scorsi avevano fatto le milizie di ultradestra.

Prima vicepresidente donna degli Stati Uniti d’America

Un altro record di queste elezioni è stato che il ticket, ovvero il voto congiunto presidente e vicepresidente, più votato nella storia è stato proprio Biden-Harris. La prima vicepresidente donna eletta ieri sera ha pronunciato il suo primo discorso destinato a fare la storia. Citando John Lewis, icona dei diritti civili, ha affermato, emozionatissima: “La democrazia non è uno stato, è un atto. (…) La democrazia americana non va data per scontata”. Nel suo intervento ha sottolineato come in queste elezioni fosse in bilico la democrazia.

“Questo è un nuovo giorno per l’America”. Ha concluso.

Elezioni USA, un duello sui social

La comunicazione non è un’equazione matematica e la vittoria di Biden l’ha dimostrato. Dopo anni in cui si definiva il modello Trump come estremamente funzionale ad acchiappare consensi, oggi ha vinto il modello Biden.

Queste elezioni sono state tra le più radicalizzate della storia e il campo di gioco principale su cui i due candidati si sono affrontati sono i media digitali. Le cifre che hanno deciso di investire in pubblicità digitale, televisiva e radio sono eloquenti: 673,9 milioni di dollari per il candidato repubblicano e 995,3 milioni di dollari per il candidato democratico.

Joe Biden ha un numero ridotto di seguaci sui social media rispetto a Trump: 14 milioni di followers su Twitter a fronte degli 88 milioni di Trump; 3,5 milioni su Facebook contro i 30,7 milioni di Trump. Il candidato democratico ha deciso di investire su tutte le piattaforme possibili, orientandosi anche al mondo del gaming: a 18 giorni dalle elezioni ha aperto un’isola su Animal Crossing, videogioco che spopolò all’inizio della pandemia, con tanto di uffici del candidato, seggio elettorale con cabine e manifesti e link con materiale consultabile.

La comunicazione politica non è più dominata dai ruoli, bensì dalle personalità e le campagne elettorali hanno sempre più carattere permanente. Ogni occasione diventa terreno fertile per fare propaganda.

“Siamo MOLTO avanti ma ci stanno tentando di RUBARE l’elezione. (..) Non si può votare dopo la chiusura delle urne!”. Ha twittato Donald Trump la notte delle elezioni. Twitter è intervenuto segnalando il contenuto come controverso e fuorviante. Questo come molti altri tweet nei giorni successivi e come per la piattaforma Facebook che è più volte intervenuta con segnalazioni.

I social network sono da anni in prima linea nella comunicazione politica, ma questi “alert” dei social network registrano un progressivo cambio di paradigma: non sono più distributori neutrali di contenuti, ma mediatori. Trump quindi non ha potuto comunicare impunemente ogni suo pensiero.

Ha vinto la comunicazione propositiva

Quella statunitense è una delle elezioni più importanti per il mondo intero, data la sua caratura geopolitica, ma è anche un’elezione che arriva durante un’emergenza sanitaria globale e a seguito di fratture sociali determinanti. E lo slogan “Keep America Great” – Manteniamo grande l’America – di questa campagna elettorale di Trump suona quasi ironico.

La pandemia è stata determinante nell’indice di gradimento dei candidati. Il presidente uscente è risultato troppo divisivo.

Donald Trump ha mantenuto anche in questa campagna elettorale lo stesso registro comunicativo della precedente. Lessico chiaro e semplice, concentrato sul costante attacco personale all’avversario: “Stupid, loser, sleepy Joe”. Secondo il New York Times, circa l’80% degli annunci della campagna di Trump sono messaggi negativi, di cui il 62% attacchi diretti a Biden, a fronte del 7% di attacchi negativi di Biden a Trump.

Biden e Trump differiscono in termini comunicativi. Il candidato democratico ha messo in campo una strategia più leggera e sentimentalista, orientata alla positività. Al contrario di Donald Trump, ha una mimica facciale spesso orientata all’ascolto e alla riflessione, utilizza un linguaggio prevalentemente moderato e senza forti alterazioni nei toni di voci. Lo slogan era “Unite for a better future”, un messaggio positivo e un invito all’unione. Tutto questo ha vinto.

Uno stato che si è presentato così diviso al voto, ha scelto un leader che vuole unione e comunità.