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Il “Giudizio Universale” contro lo Stato Italiano

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Qualche settimana fa sulla pagina Instagram di Change the Future avevamo raccontato di come, in Portogallo, sei giovani attivisti avessero denunciato 33 stati europei per il mancato rispetto degli Accordi di Parigi sul clima.

Quando, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, si è sparsa la voce che anche lo Stato italiano era stato denunciato per inadempienza verso politiche per contrastare il climate change, ho provato un senso di grande felicità e soddisfazione: anche in Italia si sta muovendo finalmente qualcosa in questo senso.

Ho avuto l’opportunità di scambiare due chiacchiere con Marica di Pierri, portavoce dell’associazione A Sud ONLUS, associazione ideatrice della campagna “Giudizio Universale”.
Marica mi ha spiegato quali sono stati i passi che hanno portato l’associazione a intraprendere questo percorso, le motivazioni e la collaborazione con il network di associazioni ambientaliste.
Nell’intervista non sono mancate riflessioni sul ruolo dell’informazione e dell’attivismo giovanile verso le tematiche ambientali.

Da dove è partita l’idea di iniziare una causa contro il Governo italiano e quanto hanno influito le cause che già da tempo stavano andando avanti all’estero in tantissimi stati?

L’associazione A Sud ONLUS lavora da molto tempo sulle questioni riguardanti i cambiamenti climatici e da quasi 20 anni si impegna per i conflitti ambientali, supportando tutte quelle battaglie territoriali contro progetti che contaminano e inquinano.
Attraverso la rete che abbiamo costruito con altre associazioni, da molti anni stiamo seguendo con interesse il campo delle cause climatiche: è un campo nuovo, diventato rilevante soprattutto dopo la firma dell’Accordo di Parigi. Infatti, da quel momento in poi c’è stata la possibilità di accedere più facilmente a strumenti di giustizia per denunciare l’inadempienza degli Stati verso gli obbiettivi per cui si sono impegnati.

Ci tengo a sottolineare che la nostra causa è contro lo Stato italiano e non contro il governo Draghi: le responsabilità del nostro paese e di chi lo governa vengono da ben prima di questo governo e arriveranno ben dopo questa causa, e considerando i tempi della giustizia italiana siamo sicuri che il prossimo governo la erediterà.

Pensi che con il Governo Draghi e con il PNRR ci sia un futuro più roseo per la transizione ecologica in Italia? Avete fiducia verso queste ultime azioni politiche?

A noi sembra che in questa fase, come purtroppo già successo in passato, si stiano facendo programmi molto ambiziosi, ai quali spesso però non conseguono delle azioni sufficientemente ambiziose. Abbiamo letto e studiato tutte le bozze del PNRR fino a quella definitiva, ma gli obiettivi di riduzione delle emissioni sono stati solo annunciati e mai effettivamente varati.
Abbiamo calcolato che con gli scenari di riduzione delle emissioni attuali, l’Italia al 2026 ridurrà di appena il 26% le emissioni climalteranti rispetto al 1990, se poi si realizzassero tutti gli interventi contenuti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) si arriverebbe al 36%, che è una percentuale insufficiente rispetto all’impegno necessario per non gravare sulle future generazioni.

La richiesta che noi presentiamo in giudizio è molto ambiziosa. Chiediamo al governo di abbattere, non ridurre, del 92% le emissioni al 2030: è una percentuale calcolata sulla base delle evidenze scientifiche e delle responsabilità italiane.

Noi siamo redattori, ma anche attivisti, e molti di noi hanno a cuore la questione ambientale e hanno preso parte a manifestazioni o mobilitazioni per il clima: pensi che questi approcci della società civile siano utili, o la folla non ha più questo potere? Solo con gli avvocati e i tribunali di mezzo lo Stato farà davvero qualcosa?

Le due cose non si escludono assolutamente: noi siamo attivisti, l’azione legale è inserita all’interno di una campagna di sensibilizzazione, informazione e mobilitazione chiamata Giudizio Universale, di cui fanno parte oltre cento realtà di tutta Italia.


Siamo convinti che le mobilitazioni siano fondamentali: le cause legali sono parte di strategie più ampie, ma prima dell’azione legale c’è bisogno di una grande attivazione popolare e una sensibilizzazione dell’opinione pubblica, poiché in questo modo gli strumenti legali sono più efficaci.
Sul sito Giudiziouniversale.eu abbiamo lanciato un appello per coinvolgere più persone possibili, abbiamo già raccolto oltre 15.000 firme in pochissimo tempo, e il nostro obbiettivo è fare pressione sulle autorità statali in modo che non aspettino una sentenza legale per agire e che si attivino già da ora.
Mobilitarsi per una causa così importante non è mai inutile!

Noi di Change the Future miriamo a fare informazione, quali pensi sia il ruolo dei media e dei giornali nel raccontare la crisi climatica, pensi che in Italia si stia facendo un buon lavoro su questo o si commettono ancora errori?

Sicuramente si sta parlando dell’argomento molto di più rispetto agli anni scorsi, ma il limite che vedo nei giornalisti è che parlano della crisi climatica sempre in maniera contingente: i singoli disastri ambientali vengono trattati come fatti di cronaca, senza costruire un nesso tra i vari eventi. Inoltre, si racconta molto poco il nesso tra l’impatto climatico e le politiche attuate dal governo in carica: manca, a livello informativo, la creazione di legami tra le varie questioni e uno spirito critico verso le politiche governative. In questo momento tutti i giornalisti sono convinti che il governo in carica farà “la rivoluzione verde”, ma se leggessero cosa effettivamente è già stato varato e cosa invece è stato solo proclamato si renderebbero conto che non è così.
Quello che possono fare le giovani generazioni di giornalisti è farsi delle domande e fare delle domande, non perdendo mai la visione critica e la lucidità rispetto alle cose che avvengono.

Quali sono i prossimi passi relativamente al processo e alla campagna Giudizio Universale?

Ad oggi abbiamo notificato l’atto di citazione alla presidenza del Consiglio dei ministri e l’abbiamo depositato presso il Tribunale Civile di Roma.
Il prossimo passo è attendere la convocazione della prima udienza, che dovrebbe essere a novembre, ma prima di questo dobbiamo aspettare che la controparte, ovvero lo Stato italiano, depositi i suoi documenti.
Oltre alle vicende processuali, il nostro obiettivo è quello di spingere la campagna, raccontare la causa in giro per l’Italia e chiedere alle persone di firmare l’atto. Abbiamo pubblicato un libro che si chiama “La Causa del secolo” per spiegare la causa ai cittadini e raccogliere un numero altissimo di firme in modo da poter fare maggiore pressione sul governo affinché non aspetti i tempi della giustizia ma agisca prima!