Il museo degli antichi rifiuti spiaggiati

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Quante volte capita, passeggiando su una spiaggia, di imbattersi in cumuli di plastica ammonticchiata sulla sabbia o sparsa lungo la costa? Per quanto sembri assurdo, tra quelle bottiglie, lattine e scatolette si trovano dei veri e propri reperti, risalenti anche a più di cinquant’anni fa. Da questa consapevolezza nasce Archeoplastica, un museo virtuale in cui sono raccolti e catalogati più di 500 vecchi rifiuti spiaggiati, che si ricollegano alla nostra storia collettiva più recente dandoci una percezione tangibile del tempo che hanno trascorso (senza decomporsi) abbandonati in mare.

L’idea nasce nel 2018 grazie ad Enzo Suma, guida naturalistica pugliese, già da tempo impegnato in attività di valorizzazione del territorio ed educazione ambientale. Durante una giornata dedicata alla pulizia delle spiagge, un oggetto ha catturato la sua attenzione: una lattina di spray abbronzante datata fine anni ’60. Così, dopo aver condiviso tramite social questa sua scoperta, si è reso conto che quel miscuglio tra nostalgia e stupore suscitato negli utenti poteva essere un punto di partenza efficace per trattare il tema dell’inquinamento ambientale.

La foltissima community che si è venuta a creare intorno a questo progetto ha da sempre un ruolo fondamentale nella buona riuscita dello stesso. Capita, infatti, che attraverso i social networks persone da tutta Italia contribuiscano a ripercorrere la storia di alcuni misteriosi ritrovamenti, fino a rivelarne intriganti curiosità o addirittura a svelarne la funzione e la provenienza. In questo modo si crea un continuo scambio di interazioni, così che anche i potenziali fruitori incarnino una parte attiva nel meccanismo di sensibilizzazione. 

Il sito web di Archeoplastica, oltre a contenere un dettagliatissimo repertamento degli oggetti trovati, consiste anche di una galleria fotografica, un blog e un’area dedicata al museo virtuale in 3D. Questi elementi forniscono al progetto una forte connotazione storico-artistica ma anche giornalistica, amalgamando al meglio due mondi spesso lontani nell’immaginario comune e perseguendo con successo l’intento di farci sentire quotidianamente chiamati in causa nelle questioni legate alla crisi climatica.

Archeoplastica si trasforma, all’occorrenza, in una mostra itinerante, e porta in giro per l’Italia una testimonianza della drammatica longevità dei rifiuti che produciamo. Responsabilizzarci nell’uso delle plastiche monouso ridurrebbe di gran lunga l’impatto dannoso che abbiamo sul Pianeta, e sicuramente vedere coi nostri occhi la conseguenza delle azioni passate può avere un grande impatto sulla sostenibilità delle scelte che compiamo. Grazie al sostegno di notissimi partners, uno su tutti National Geographic, la mostra è stata accolta nel mondo della divulgazione scientifica come esempio virtuoso, acquisendo il riconoscimento che merita.

Questo progetto, con la sua indole innovativa e lontana da qualunque tipo di dinamica conflittuale, si propone come complementare rispetto all’eco-attivismo a cui siamo abitualmente portati a pensare, che genera polemiche rivolgendosi alle istituzioni; Archeoplastica, piuttosto, induce i singoli individui ad analizzare i propri comportamenti, offrendoci un’alternativa agli errori superficiali delle vecchie generazioni.