I detenuti del carcere minorile Beccaria nei panni di attori del teatro greco

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Dal 25 aprile al 1 maggio, è stato possibile entrare all’interno del Teatro PuntoZero dell’Istituto Penitenziario Beccaria di Milano Bisceglie per assistere all’Antigone di Sofocle, con la regia di Giuseppe Scutellà e con i detenuti del carcere come attori della tragedia.

Il 25 aprile 2023 ho avuto l’occasione di assistere alla prima dello spettacolo “Antigone” di Sofocle, messo in atto dai giovani detenuti dell’istituto penitenziario minorile Beccaria di Milano, insieme ad alcuni volontari dell’Associazione PuntoZero. L’Antigone di Sofocle è un classico del teatro greco e fa parte della trilogia con cui Sofocle si è conquistato, insieme ad Eschilo ed Euripide,  il titolo di più grande drammaturgo della storia greca. 

L’Antigone è un’opera estremamente profonda e introspettiva: racconta la storia di una delle due figlie di Edipo, re di Tebe, che scelse di seppellire il corpo del fratello Polinice nonostante ciò fosse stato vietato da un decreto di Creonte, nuovo re di Tebe. Polinice, infatti, aveva assediato la città di Tebe poiché si contendeva il trono con Eteocle, suo fratello. Entrambi, tuttavia, erano deceduti nello scontro e Creonte era salito al potere in quanto fratello di Giocasta, madre e sposa di Edipo. Poiché Polinice aveva attaccato la città ed era considerato nemico della patria, Creonte aveva stabilito che non gli dovessero essere resi gli onori funebri tipici della tradizione greca di quel tempo. Tuttavia, Antigone, ritenendo ingiusta una simile scelta, decise di seppellire ugualmente il fratello Polinice, per ben due volte. Creonte, indignato poiché una donna ha osato disobbedire ad un suo ordine, la abbandona in una grotta dove sarebbe morta di fame e solitudine. Antigone a quel punto si toglie la vita pur di non andare incontro a un simile destino. 

L’Antigone di Sofocle è dunque un’opera che parla di amore, di abbandono, di “carcere” e potere punitivo dello stato, del ruolo di una donna nella società e – indubbiamente – di leggi e di diritto. L’umanità si è interrogata tanto sulla possibilità che esistessero “leggi superiori” a quelle scritte, e che in virtù di tali leggi un cittadino potesse disobbedire al proprio sovrano, al proprio governo. Ci si è posti questo problema anche duemila anni dopo, quando si rinfacciò ai soldati nazisti che la giustificazione del “ho solo eseguito gli ordini” non reggeva di fronte allo sterminio operato dai lager.

Ciò che tuttavia è importante evidenziare è che tale spettacolo è stato messo in atto all’interno di un carcere, e nello specifico di un carcere minorile.

L’IPM Beccaria è stato costruito nel 1970 e conta un’area di circa 5000 mq. È tristemente noto alla cronaca per la situazione di disagio in cui vivono molti dei detenuti: appalti assegnati con ritardi considerevoli, personale carente, poche attività ricreative e poche opportunità di reinserimento dei giovani all’interno della società. Tuttavia, l’associazione PuntoZero con il suo teatro rappresenta sicuramente una delle “Good case practice” su cui informare il pubblico.

L’associazione PuntoZero è un ente non-profit che nasce nel 1995 da un’idea del regista e attore Giuseppe Scutellà e dell’attrice Lisa Mazoni. Conta svariate iniziative su tutto il territorio milanese e mette in atto da più di vent’anni spettacoli teatrali che hanno l’obiettivo di diminuire il disagio sociale dei giovani detenuti e di combattere la devianza giovanile.

Tale obiettivo è stato raggiunto dallo spettacolo del 25 aprile: gli attori, seppur giovanissimi, sono stati in grado di donare grande profondità ai personaggi, senza cadere nei tranelli del copione. Nonostante le parole dell’Antigone risalgano al 442 a.C., le scenografie e l’interpretazione sono state capaci di renderle attuali e le grida di Antigone e di sua sorella sono diventate le grida di tante donne che non sono mai state ascoltate. Infine, una nota speciale deve essere fatta sulla “preparazione dello spettacolo”: trenta minuti in cui tutti gli attori, insieme sul palco, hanno danzato e scaldato la voce insieme, come in un corpo di ballo, con coreografie improvvisate e sulle note di musiche dapprima tribali, poi quasi techno.