Islamofobia in Europa: il paradosso populista

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Il contesto europeo di forte interazione culturale, le ondate migratorie e la rapida globalizzazione stanno alimentando forme di accanimento nei confronti della dignità e della libertà dell’uomo. In questo senso un’importanza peculiare viene assunto dal fenomeno dell’islamofobia, nella misura in cui la religione islamica e i suoi fedeli diventano oggetto di modelli interpretativi fortemente stigmatizzanti. Ma quali sono i fattori intervenuti a favorire l’insorgenza di questo processo?

Un sondaggio del 2010 (Pew Research Center) mostra che la maggioranza degli immigrati in Europa è fedele alla religione dell’Islam. Questo dato, insieme ad una sovrastima del numero di immigrati da parte dell’opinione pubblica (Special Eurobarometer 469, 2017, p.20), genera una percezione poco realistica del fenomeno immigratorio. Secondo i sondaggi, inoltre, gli Europei avvertono una scarsa disponibilità di adattamento da parte dei fedeli musulmanialla cultura occidentale, descrivendo la natura totalizzante della pratica religiosa islamica come altamente incompatibile rispetto ai valori secolarizzati tipicamente europei. La natura privata di tale pratica viene tendenzialmente e superficialmentericondotta ai fenomeni del fondamentalismo e del terrorismo internazionale, andandoa creare un pericoloso stereotipo che penalizza la figura del credente musulmanoed alimenta un sentimento d’odio nei confronti di una intera comunità.

La protagonista di questa generalizzazione è un’esasperante retorica populista che, dando voce alla diffusa xenofobia popolare, acquista sempre maggior consenso, giungendo addirittura a parlare di un’imminente “invasione musulmana”. Tale retorica, sempre più animata dalla volontà di difendere l’omogeneità culturale della propria nazione, si sviluppa a partire da una valutazione tendenzialmente negativa del fenomeno migratorio.

Ciò che sorprende dell’apporto populista alla diffusione dell’islamofobia non è tanto l’individuazione dell’immigrato musulmano come usurpatore della nostra tradizione, bensì le modalità tramite cui tale contributo avviene: nel sottolineare l’inconciliabilità della cultura islamica con la tradizione europea, i leader populisti di estrema destra divengono infatti i più inaspettati ed agguerriti difensori di quei valori illuministi tradizionalmente avanzati da partiti di sinistra.

Assistiamo qui ad un’insolita e rilevante alterazione ideologica, che dà vita ad un interessante paradosso: fino a poco tempo fa erano le sinistre a mettere in luce l’immoralità del matrimonio forzato, l’atrocità delle mutilazioni genitali femminili, e ad essere generalmente più attive nella lotta per l’emancipazione femminile; ma da quando il tema dell’immigrazione musulmana si è imposto con più urgenza, i populisti di destra si ritrovano a sostenere i diritti delle donne, degli omosessuali, delle leggi liberali sulla famiglia come ne fossero sempre stati paladini.

In questo contesto, non è ben chiaro se stiamo assistendo ad una maturazione del pensiero conservatore verso un orizzonte più illuminato dalle istanze introdotte dalla filosofia dei Diritti Umani, o se invece ci troviamo di fronte alla teatralità di un populismo che, pur di rendere efficaci gli strumenti demagogici della sua retorica, non si fa scrupoli a revisionare alcuni dei punti chiave della propria ideologia. Akkerman e Hagelund scrivono in chiave piuttosto ironica:

“radical-right populist parties have suddenly discovered that women’s rights are an important issue”

Il termine “discovered” (“scoperto”) suggerisce, secondo le autrici, chequesto repentino cambio di ideologia non costituisce altro se nonun subdolo tentativo di utilizzare i valori liberali al servizio della lotta contro i musulmani e l’Islam. Un tentativo cioè di mascherare il nazionalismo radicale con un apparente liberalismo. Potendo riassumere in un’unica espressione, si può parlare di “illiberal liberalism”.

La quotidiana propaganda anti-islamica alimentata da milioni di europei è la ragione per cui l’islamofobia si sta rapidamente diffondendo in tutta Europa. Il populismo di destra ha solo funzionato da taboo-breaker, normalizzando quelle attitudini discriminatorie nei confronti dei musulmanigià diffuse tra la popolazione.

Il fenomeno dell’islamofobia populista rientra dunque in quel dibattito sull’immigrazione basato  sullo sfruttamento di paure: nell’immaginario e nella percezione collettiva, esiste infatti un immigrato astratto che ruberebbe le opportunità agli europei; tale immagine si è sovrapposta ad un immigrato reale di cui abbiamo bisogno, una forza lavoro che sostiene il nostro welfare e che non costituisce necessariamente una minaccia per la nostra tradizione culturale. Riusciremo mai ad iniziare ad apprezzare e valorizzare le differenze culturali, religiose, etniche, e non meramente a tollerarle, spianando la strada alla consapevolezza che le diverse eredità culturali siano fonti di ricchezza in un mondo ormai globalizzato?

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Fonti utili da consultare: