Pane Quotidiano, un argine alla povertà

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“Se dovesse straripare un fiume, i volontari di Pane Quotidiano metterebbero dei sacchetti di sabbia all’argine per fermare l’acqua dall’inondare le terre attorno, ma non sta a noi andare a capire perché il fiume straripa. Quello è un compito che lasciamo alla politica. Noi contrastiamo gli effetti dando da mangiare ai bisognosi, sapendo però di non risolvere il problema”.

Milano. Arriviamo in Viale Toscana un sabato mattina, e ancora non sappiamo che proprio il sabato c’è un picco di ospiti presso la struttura più antica di Pane Quotidiano. Abbiamo appuntamento con il Vicepresidente, il dottor Luigi Rossi, ma “saltare la fila” ha comunque un sapore amaro.

Pane Quotidiano è un’associazione nata nel 1898, che ha alle sue spalle una bella storia. Proviamo a riassumerla in qualche data particolarmente importante per l’associazione?

Quest’anno Pane Quotidiano compie 122 anni. Durante la Guerra del 15/18 ha continuato la sua opera di distribuzione di derrate alimentari, e così durante la Seconda guerra mondiale, per quanto possibile. Negli ultimi tempi c’è stata un’evoluzione importante: se fino al 2002/2003 registravamo sui mille, massimo millecento passaggi al giorno, a partire dal 2003/2004 ogni anno il numero di ospiti è cresciuto fino a triplicarsi, quadruplicarsi. A oggi abbiamo circa tremilacinquecento passaggi al giorno, con punte di quattromila il sabato mattina. In un anno, tocchiamo il milione di razioni distribuite: tenendo conto del valore, dai 18 ai 25 euro, di ogni razione, la matematica è presto fatta.

Prima della pandemia com’era costituita abitualmente una giornata all’interno delle vostre sedi?

Chi entrava trovava delle postazioni, ognuna dedicata a una tipologia di alimento: pane, latte, yogurt, salumi, formaggi, frutta e verdura. Le persone indigenti arrivavano con la loro busta e i volontari servivano gli alimenti. Se qualcuno che per ragioni religiose, allergie o intolleranze non poteva mangiare qualcosa allora venivano scelti degli alimenti sostitutivi. Ora, data l’emergenza sanitaria, abbiamo l’obiettivo preciso di non creare assembramenti all’interno e all’esterno: prepariamo la razione, la mettiamo in un sacchetto, e questo consente all’utente di venire, prendere la sua razione e defluire immediatamente. Durante la chiusura di un mese e mezzo circa, nella fase acuta della pandemia, abbiamo consegnato le derrate alimentari alla Protezione Civile e alla Croce Rossa, che hanno provveduto alla distribuzione.

C’è stato un cambiamento per quanto riguarda la gente bisognosa di aiuto?

Si tratta per lo più degli stessi volti, ma ne abbiamo registrati di nuovi, e c’è un’utenza diversa. Ci aspettiamo, sperando di sbagliare, che a emergenza finita dovremo raccogliere le ceneri: molte persone avranno perso il posto di lavoro, molte in cassa integrazione non avranno ricevuto quanto dovuto. Cercheremo di far fronte all’aumento di ospiti.

“Sorella, fratello, nessuno qui ti domanderà chi sei, né perché hai bisogno, né quali sono le tue opinioni”, è il vostro motto.

Non vogliamo in nessun modo minare la dignità di chi si mette in fila, non andremo mai a chiedere a una persona i motivi che la portano da noi. Chi siamo noi per dire che una determinata persona non può accedere alla nostra struttura? Come associazione, Pane Quotidiano è fermamente convinta che la fame non abbia colori o partiti, che sia uguale per tutti.

Ricevete aiuto da privati, come, abbiamo visto recentemente dal vostro profilo Instagram: Italpizza, Bauli, il Lions Club International, il Rotary Club International. Per quanto riguarda catene di supermercati o di ristoranti?

Premettiamo che gli alimenti distribuiti da Pane Quotidiano vengono elargiti dalle aziende produttrici che, producendo in esubero, ci riforniscono. Non abbiamo, come può essere credo comune, solo alimenti prossimi alla scadenza. È possibile che ci vengano consegnati alimenti con scadenza a breve, e può darsi che debbano essere distribuiti immediatamente, ma non distribuiamo merce scaduta a meno che non ci sia una dichiarazione dell’azienda produttrice per cui il prodotto può essere comunque consumato. Per quanto riguarda la GDO – Grande distribuzione organizzata – raccogliamo pochissimo e per lo più alimenti prossimi alla scadenza, ma più del 95% degli alimenti che distribuiamo ci vengono consegnati dalle aziende produttrici.

Viviamo in un’epoca di cattiveria e dubbio, in cui, quando si vede qualcuno per strada, si pensa subito al falso invalido e al truffatore. C’è mai stato un momento in cui, come organizzazione, vi siete chiesti se ne valesse davvero la pena?

Vale la pena a prescindere. Noi sogniamo che un giorno Pane Quotidiano possa chiudere, perché significherebbe non avere più motivo di esistere. Sappiamo anche che questa è un’utopia, e andiamo avanti con spirito solidaristico, di abnegazione, e tanta voglia di fare. Cerchiamo di accantonare l’eventuale sconforto, perché è molto meno importante di quelle che sono le necessità odierne di chi si rivolge a Pane Quotidiano. Non abbiamo il diritto di far prevalere il nostro sconforto su una necessità oggettiva.

FOTO DI KEN ANZAI