Una generazione in bilico tra social e distanziamento sociale

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“Àncora”, è l’immagine forte che Mauro Cristoforetti, rappresentante del gruppo di lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (CRC – Convention on the Rights of the Child), offre per ciò che la rete ha rappresentato per gli adolescenti e i ragazzi durante questo lockdown. Ed è un’àncora che già da sola esemplifica con chiarezza questa doppia natura della tecnologia: una salvezza, un punto fermo necessario, e insieme un grande limite, un confine, un blocco. Un’ àncora che salva, ma che al tempo stesso rischia di fermare, limitare e confinare un adolescente che è inconsapevole della potenza dello strumento che sta usando.

Uno strumento che, spesso, nemmeno l’adulto è preparato a gestire. Un adulto che, in qualità di educatore, deve rendersi consapevole della necessità di conoscerlo per farsi guida nell’utilizzo del media.

Dov’è il limite? Dove si tira su l’ancora? Come si può “farsi guida”? Sono queste le domande che accompagnano tutta la conversazione.

Già il titolo dato all’incontro – “Una generazione in bilico tra social e distanziamento sociale” dimostra la necessità di trattare e accompagnare una generazione social che, se lasciata sola, rischia di perdere l’essenza stessa della socialità: l’incontro. “Trovare l’equilibrio” – continua Cristoforetti – “tra la tutela dai rischi che un utilizzo sfrenato della rete può portare e la promozione di tutti i vantaggi che la tecnologia è pensata per apportare”.

Lo spiega bene Cesare Rivoltella, direttore del Centro di Ricerca sull’educazione ai Media e all’Innovazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica di Milano, quando afferma “è necessario smontare l’idea di auto-alfabetizzazione dei media. Le tecnologie sono semplici da usare, ma non significa che sia semplice averne una relazione sana e un rapporto utile. Le nuove generazioni non nascono imparate. È indispensabile parlare di uno spazio dedicato all’educazione ai media, che passi prima di tutto per i genitori, che devono fare da guida per l’utilizzo di qualcosa che nemmeno loro conoscono. Offrire strumenti solidi per garantire un uso sano e costruttivo dei media”. Una raccomandazione fondamentale: “Non rischiamo, vi prego, di scolasticizzare questa educazione digitale. Troppo spesso si corre il rischio di ridurre l’insegnamento al timore di un voto positivo o negativo, perdendo così tutta la potenza educativa di un argomento. E non possiamo permetterci questo”.

Il testimone passa poi a Nunzia Ciardi, direttrice del servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni. Parlare di rete e di adolescenza passa inevitabilmente per uno dei temi più caldi dell’ultimo periodo: il cyberbullismo. “Preoccupa moltissimo” – racconta Ciardi – l’abbassamento vertiginoso dell’età media dei ragazzi coinvolti in fenomeni di cyberbullismo. Parliamo di ragazzini di 12 anni che diventano vittime e artefici di molestie, stalking, diffamazione, ingiurie, minacce, furto di identità. Ragazzini che non sono consapevoli di cosa stanno facendo, perché non hanno una capacità cognitiva e giuridica pienamente formata che permetta loro di avere consapevolezza della loro azione”. Conclude con una considerazione e un consiglio: fare attenzione non solo alla quantità ma soprattutto alla qualità del tempo trascorso online, e garantire uno spazio di ascolto e discussione con professori, genitori e autorità sulla fruizione consapevole degli strumenti digitali.

L’incontro si conclude – e questo non è scontato – dando spazio alla parola dei protagonisti del dibattito: i giovani. Giorgia Trotta del Movimento SottoSopra per Save the Children dà voce a una generazione che spesso viene più raccontata che ascoltata. “Come ragazzi, sentiamo la necessità di condividere tutto ciò che abbiamo creato e tutta la partecipazione digitale che abbiamo sostenuto anche, durante questa pandemia. Troppo spesso la nostra generazione è raccontata come svogliata, stanca, quasi fossimo incapaci di intendere e di partecipare”. Continua: “Siamo anche quelli della Didattica a Distanza, delle lunghe ore di lezioni al pc, dei movimenti di partecipazione attiva alla cittadinanza. Va ricordato che i giovani non sono incapaci di gestire le tecnologie e possono contribuire alla formazione e alla strutturazione di metodi e strumenti per garantirne una fruizione reale”.