Una puntina sulla sedia in confronto al lieto fine

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Siamo cresciute creando giustificazioni per il comportamento sbagliato degli altri. Quando nel media (libro, film o serie televisiva) di turno appariva il bad boy, il cattivo ragazzo, la colpa delle sue azioni non era davvero sua ma del passato pieno di ombre e traumi che lo aveva modellato. L’alzare i toni e le mani non erano davvero atti violenti dettati da un suo desiderio di essere, appunto, il cattivo della storia. Andava capito, andava aiutato, poco importava quale fosse il prezzo da pagare.

Siamo cresciute con, nell’orecchio, l’affermazione “Se ti tratta male è perché gli piaci”. Quando a scuola il belloccio di turno ci faceva un dispetto noi lo scambiavamo per una forma più o meno sfaccettata di desiderio. Fin da piccole ci abituavamo all’abuso e rispondevamo a esso scambiandolo per una dimostrazione d’amore. Cos’è una puntina sulla sedia in confronto al lieto fine?

La mascolinità tossica è qualcosa di cui siamo sempre più consapevoli come società e che riconosciamo man mano in una fetta sempre più grande di comportamenti. Colpendo uno, influenza tutti ed è figlia primogenita del patriarcato anche se, attenzione, questo non significa che ne siano perpetratori solo gli uomini e vittime solo le donne: il binario che abbiamo normalizzato per parlare di genere non è abbastanza grande per questo treno.

Un articolo di Focus afferma che passiamo online quasi un terzo della nostra vita: guardando le ore che ho passato a telefono nell’ultima settimana non esito a credere che questo dato sia realistico. È logico, quindi, che il digitale diventi facilmente reale e che gran parte della nostra convivenza sociale avvenga a cavallo tra i social più in voga.

La campagna “Lo hai mai fatto?” approfondisce tramite una serie di domande provocatorie, cartelloni e challenge quello che è il tema della violenza di genere online all’interno di coppie tra adolescenti, con l’obiettivo di sensibilizzare la vittima e mettere una pulce nell’orecchio di chi agisce in negativo. [QUI TUTTO SULLA CAMPAGNA]

Una delle domande, “Hai mai diffuso foto intime di qualcuno senza il suo consenso?”, si dimostra dolorosamente attuale in un periodo storico in cui la pornografia non consensuale non è un’eccezione. Solo negli ultimi mesi abbiamo sentito parlare della diffusione del video girato nella discoteca di Treviso a una ragazza che stava praticando del sesso orale e la creazione, attraverso la tecnica del deepfake, di pornografia basata su immagini e video di streamer come QTCinderella.

A seguire, domande che punzecchiano la quotidianità e sottolineano la problematicità di comportamenti spesso ignorati perché visti come ragazzate, stupidaggini non dannose dovute all’età. “Hai mai creato un profilo social falso?”, “Hai mai chiesto a un tuo partner di condividere la sua geolocalizzazione?”: azioni piccole che possono essere viste, dai più giovani, come segnali che l’altra persona ci tiene, che forse in realtà vengono viste come tali da entrambe le parti, che comunque rischiano di sfociare in un comportamento ancora più tossico.

Posizionata all’interno del più ampio progetto DATE, la campagna “Lo hai mai fatto?” si è basata su una consultazione online i cui dati, consultabili, hanno mostrato le opinioni di 902 giovani tra i 14 e i 25 anni d’età riguardo l’uso delle tecnologie digitali, le relazioni di coppia, la violenza di genere online all’interno di queste ultime, le reazioni comportamentali ed emotive personali a dimostrazioni di violenza più o meno gravi. La raccolta non può essere definitiva quantitativa, ma è indicativa di una situazione attuale su cui è necessario sensibilizzare e sensibilizzarci. Per un futuro in cui l’online sia più sicuro e lo possa essere anche un abbraccio.