Crisi climatica, il racconto del tavolo di confronto alle Nazioni Unite

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ROMA, 6 marzo – Io e Vera Lazzaro, delegati del Movimento Giovani per Save the Children Italia varchiamo il grande cancello verde dell’UNDP (Programma per lo Sviluppo delle Nazioni Unite, ndr), in occasione del dialogo a porte chiuse con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), Il Consiglio Nazionale Giovani (CNG), l’UNDP stesso e l’inviato speciale per il clima Italiano, il professor Francesco Corvaro, che avevamo già intervistato con Change the Future durante la COP28 di Dubai.

Non eravamo l’unica associazione, però: al nostro fianco, oltre a Save the Children Italia c’erano altre associazioni giovanili, come Italian Climate Network, The ONE Campaign, Change4Planet, ASviS, WWF Young, Unicef Italia. 

Lo scopo del tavolo di confronto era quello di parlare di cosa ci siamo portati dalla COP28.

Una delle prime dichiarazioni del Professor Corvaro è stata, iniziando a parlare degli accordi finali, che “Il risultato è sulla carta”. Se da una parte potrebbe essere il peggior risultato auspicabile (abbiamo visto che fine hanno fatto le “risoluzioni sulla carta” dopo la COP di Parigi), dall’altra potrebbe essere rassicurante. Le indicazioni ci sono, scritte nero su bianco.

Sulla struttura della Convenzione Quadro (UNFCCC) il professore ha detto che è la migliore disponibile al momento, seppure da parte dei giovani ci sia la voglia di partecipare ai processi decisionali. Infatti, i giovani alla COP sono presenti da anni alle Conferenze delle Parti sul Clima, con tanto di comitato YOUNGO che si occupa proprio del coinvolgimento giovanile, eppure le loro voci raramente escono dal Children and Youth Pavillion (lo spazio dedicato alle iniziative giovanili alle COP, ndr). 

Fece eccezione su questo l’Italia durante COP26, quando portò attraverso la delegazione ufficiale di stato le richieste dei giovani, raccolte all’evento della Youth4Climate (Y4C), dove ragazzi da tutto il mondo si erano riuniti per ragionare su soluzioni reali al problema della crisi climatica. 

Nel Global Stocktake di Dubai, il principale accordo della conferenza, è stato deciso un phase out dai combustibili fossili, ma finché questo non verrà messo in pratica, rimarrà solo un punto di partenza, da cui ripartirà anche la COP29 di presidenza azera, ma Corvaro, già in contatto con Baku, ci informa che sarà molto più incentrata sulla finanza.

UNDP poi ha presentato la Call for Solutions 2024, cioè la riapertura del bando del 2023 che si pone come obiettivo quello di finanziare progetti giovanili per il clima provenienti dai paesi in via di sviluppo. I fondi sono aumentati, poiché UNDP ha deciso di corrispondere al MASE in merito ai soldi versati e sono aumentate anche le lingue in cui è possibile presentare il progetto. 

Sembra proprio che l’Italia voglia posizionarsi, rispetto a quella che è la bussola internazionale, come portavoce delle richieste dei giovani, e come punto di riferimento per le iniziative climatiche giovanili, e non sembra per nulla fallire, anzi, pare che in molti guardino all’Italia quando si parla di coinvolgimento giovanile nelle politiche. Abbastanza ironico per il paese dal quale 377 mila under 34 sono scappati nel decennio 2011/21.

Durante il dialogo sono stati molti i temi affrontati: il “no” ai parchi eolici da parte di molti comuni, le grandi possibilità che porta la COP ai giovani, come il networking, sia inter nos che con le istituzioni, l’importanza che i fondi del Loss and Damage arrivino senza aspettare dai due ai quattro anni, il Piano Mattei, i cui 5,5 miliardi stanziati sono solo soldi dirottati da altri fondi, e la possibilità che l’aeronautica italiana fornisca corsi di formazione nazionali e internazionali sulla crisi climatica (a cui, secondo Corvaro, la Nigeria sarebbe molto interessata).

Dal MASE ci rassicurano che stiamo tutti lavorando nella stessa direzione. Questa è sicuramente la cosa che speriamo tutti, solo che il momento delle promesse, forse, potrebbe star durando troppo a lungo, e il coinvolgimento dei giovani potrebbe essere proprio come le risoluzioni di Parigi o Dubai: immobile e solo sulla carta.