Il progetto “Gustamundo”: quando l’inclusione passa dal cibo

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Gustamundo” non è solo un ristorante etnico ma anche e soprattutto un progetto di inclusione economica e sociale attraverso il cibo e la cucina.

In questo piccolo locale, a pochi passi dal Vaticano, il personale è composto da migranti e richiedenti asilo che, attraverso il lavoro, desiderano integrarsi in Italia.

Il progetto

Quale miglior modo di assaporare la cucina etnica se non quello di assaggiare i piatti preparati dalle mani sapienti di chi conosce tutti i segreti della tradizione?

Lo sa bene Pasquale Compagnone, appassionato di spezie e profumi lontani, che dal 2017 gestisce il ristorante e porta avanti l’idea che una reale integrazione sia possibile solo attraverso il lavoro.

Il progetto coinvolge migranti, richiedenti asilo e chiunque viva in condizioni di emarginazione, che abbiano avuto esperienze come cuochi o ristoratori nei loro paesi di provenienza, e offre loro opportunità lavorative, di formazione e di crescita professionale.

Tra le pareti colorate di questo ristorante, storie di migranti e profumo di spezie si mescolano dando vita a una combinazione vincente. Ogni piatto racconta la storia di chi lo ha preparato.

Lo staff

Roma è una città multietnica e anche gli italiani negli ultimi anni hanno imparato ad apprezzare cibi e sapori provenienti da oltremare. L’idea di solidarietà e di integrazione non è sufficiente: per poter funzionare un locale di cucina etnica a Roma necessita di personale preparato in grado di realizzare piatti che sappiano conquistare il cliente. Il ristorante ha attivato un canale di comunicazione con i principali centri di accoglienza della Capitale, i quali segnalano al ristorante la presenza di cuochi, chef e personale di sala tra i migranti.

“Dal suo avvio nel 2017, il progetto ha coinvolto circa sessanta chef, di cui circa la metà donne, rifugiati e migranti provenienti da diversi paesi del mondo: Senegal, Mauritania, Mali, Costa d’Avorio, Guinea, ma anche Siria, Afghanistan, Iran, Iraq”.

Gustamundo non è una Onlus: non riceve finanziamenti e i guadagni sono solo il frutto del lavoro svolto. La posizione lavorativa dei dipendenti è regolata da un contratto e alle attività di cucina e di sala si affianca anche la formazione professionale. Molti di loro oggi hanno lasciato la cucina di Gustamundo per lavorare autonomamente.

La storia di Dentoura

Dentoura si è sempre dato da fare in cucina. In Senegal, il suo paese d’origine, frequentava la scuola tutto l’anno e durante la pausa estiva si dilettava tra i fornelli del ristorante di suo fratello.

Quando nel 2014 è arrivato in Italia è riuscito a conseguire il diploma di terza media in soli dodici mesi e oggi il suo italiano è quasi perfetto. Negli anni è riuscito a perfezionare la sua passione per la cucina frequentando un corso per diventare aiuto cuoco e dal 2019 è entrato a far parte della brigata di Gustamundo.

Qualche giorno fa è arrivata la notizia tanto attesa: grazie al suo impegno nel lavoro è riuscito a ottenere il permesso di soggiorno.

La cucina

Se il progetto di inclusione e solidarietà non fosse sufficiente è la selezione dei piatti a convincere tanti romani a sedere ai tavoli del ristorante Gustamundo. Il menù è in continuo rinnovamento e ogni settimana viene proposta una cucina differente.
Vi è una selezione di piatti adatta ad ogni esigenza: il vero babaganoush siriano, i sapori forti dello zighinì eritreo e quelli delicati del domodà gambiano a base di zucca, verdure miste e crema di arachidi. Tutti i piatti vengono realizzati secondo la tradizione, nel rispetto degli ingredienti e delle procedure dei paesi di origine.

I commensali, i cuochi e il personale di sala entrano in contatto attraverso il cibo e la cena diventa un’esperienza conoscitiva. Gustamundo rappresenta l’esempio di come la diversità possa rappresentare un’opportunità di scambio tra culture e come questa sia sempre una fonte di arricchimento reciproco.