La battaglia de I ragazzi del Cinema America per portare il cinema in piazza anche nell’estate “del Covid”

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“La politica non cerca un radicale cambiamento”. Esordisce così Valerio Carocci, membro e presidente dell’Associazione Piccolo Cinema America, da giorni impegnato in prima linea in una battaglia difficile contro chi vorrebbe impedire la realizzazione della stagione estiva de “Il Cinema in piazza”.

L’8 giugno – in un post pubblicato sulla pagina Facebook de “I ragazzi del Cinema America” – Valerio, Federico, Giulia e tutti i componenti dell’ormai storico collettivo hanno denunciato pubblicamente che l’ANICA, presieduta dall’ex sindaco di Roma ed ex Ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli, e l’ANEC, rispettivamente associazioni di categoria dei distributori e dei gestori di sale, “ci stanno costringendo ad annullare la stagione estiva de Il Cinema in Piazza”.

“La lobby dei distributori e delle catene di multiplex sta bloccando le concessioni dei film perché da tre anni vuole costringerci a rendere l’evento a pagamento”, spiegano nel comunicato. “Di oltre 140 film richiesti alle case di distribuzione per programmare le rassegne a San Cosimato, Ostia e Cervelletta abbiamo ricevuto più di 120 risposte negative. Non ci autorizzano nemmeno i film di proprietà RAI di autori italiani! Tutti “no” ad offerte economiche pari o più alte rispetto all’usuale valore di mercato per la proiezione di quelle opere con proiettori DCI. Siamo senza film, costretti a chiedere il vostro aiuto per combattere questa battaglia”, aggiungono.

L’Anica, in risposta al j’accuse di Carocci e la sua associazione, ha parlato di fake news e cifre di fantasia, che – se non smentite – avranno delle ripercussioni. Affermazioni che non hanno assolutamente spaventato il collettivo trasteverino che in tutta risposta ha dichiarato di aver pubblicato i documenti che attestano come gli enti pubblici, e le singole case di distribuzione, abbiano ricevuto richiesta di abolire i loro eventi e di non concedergli film. Carocci, infatti, ha specificato che parlare di fake news è assai azzardato e che, per chiarire ogni dubbio, basta leggere le carte intestate, della cui validità nessuno può dubitare.  (Ecco i documenti resi noti tramite il Corriere della Sera).

Dopo i problemi con il Comune di Roma nel 2018, dopo le aggressioni fasciste nel 2019, anche quest’anno vi siete ritrovati a combattere una battaglia pur di riportare il cinema nelle piazze. È una forzatura dire che la vostra esperienza, sempre su fronti diversi, sembrerebbe creare non pochi malcontenti?

In questo Paese se qualcosa funziona si ha la prassi di normalizzarlo alle altre esperienze o attività. Quindi, in tal senso, metterlo in discussione è fondamentale.

È passata una settimana dalla vostra richiesta di aiuto pubblicata sui social network. Oltre alla grande solidarietà ricevuta (il post su Facebook ha toccato circa 10mila condivisioni), è cambiato qualcosa dall’8 giugno scorso?

Dalla scorsa settimana ci hanno scritto tantissime realtà, dal nord al sud Italia. Oltre a catalogarle, ci stiamo dialogando, stiamo verificando assieme quali film non gli vengono concessi, in che contesto, e che strumentazioni tecniche hanno le manifestazioni per svolgere gli eventi.

Secondo la presidente Anec del Lazio lasciare aperte in questo momento le arene gratuite, “è uno schiaffo in faccia e un insulto a tutti gli esercenti romani che stanno affrontando una situazione drammatica”. Avete avuto modo di chiarire questa affermazione?

Ricordo che la presidente Piera Bernaschi sono tre anni che firma lettere per chiedere l’abolizione dei nostri eventi. Quindi, strumentalizzare l’emergenza Covid-19 per tentare di rafforzare la sua posizione, è quanto di più drammatico si possa vedere in questo momento.

Nel frattempo, oltre le polemiche e le battaglie per le arene, come procedono i lavori per la riapertura della Sala Troisi?

I lavori fortunatamente procedono piuttosto bene, andiamo aventi celeri e speranzosi di aprire la sala il prima possibile. Non vediamo l’ora di poter staccare i biglietti, così da poter dimostrare a tutti che nelle arene gratuite abbiamo formato un pubblico vero, che verrà in sala, pagherà il biglietto dei nuovi film e sosterrà l’industria cinematografica.

I giovani chiedono voce, ascolto, spazi e agibilità. Nelle varie task force governative sono l’unica categoria non rappresentata. Come si può parlare di ripartenza o di rilancio del Paese, se nell’agenda politica i giovani non vengono presi sufficientemente in considerazione?

Credo ci sia un grande deficit organizzativo in questa ripartenza, un deficit confermato dal fatto che non si guarda alle attività di crescita collettiva e sociale, in particolare riferimento ai giovani, e la domanda stessa che mi avete posto contiene una parte della risposta. È un dato, un dato drammatico che sta lasciando il suolo pubblico alla mera iniziativa commerciale privata. I giovani non sanno cosa fare, inondano le strade la sera senza un reale sfogo culturalmente produttivo. Manca, quindi, la possibilità di offrire alle ragazze e ai ragazzi uno sfogo che permetta anche una crescita culturale e sociale.

Vi siete sempre battuti in nome della collettività, del senso comune, e del rispetto nei confronti della città e dei luoghi che attraversate con le proiezioni dei film. Perché è così importante il concetto di cultura accessibile?

È importante perché è alla base della nostra esperienza. L’esperienza del Cinema America nasce da un gruppo di ragazzi che vivono la periferia e attraversano la città per studiare nel centro storico. In questo attraversamento quotidiano, che anche io faccio da oltre quindici anni, la più grande mancanza che abbiamo riscontrato è stata proprio quella di spazi di incontro, di condivisione, di socialità, per poter stare insieme. E la cosa più importante è stata la creazione di questi luoghi. Noi lo abbiamo fatto con il cinema a Trastevere, nelle aule studio, nelle piazze, sviluppando, raddoppiando e triplicando i nostri eventi e cercando di portare le persone del centro storico a Tor Sapienza e Ostia. E il Troisi è la fine di questo percorso.

Il Tar del Lazio ha respinto in quanto palesemente infondato il ricorso della proprietà dell’ex cinema America per l’annullamento del decreto di dichiarazione di interesse culturale della storica sala a Trastevere. Anche questa è una vostra vittoria?

No, questa è una vittoria della Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio guidata da Federica Galloni e con la Soprintendenza Speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio Di Roma guidata da Daniela Porro, e dei comitati che da anni si battono per salvare il Cinema America. Noi abbiamo semplicemente riportato un po’ di luce su questa battaglia, ma la vittoria è del Ministero dei Beni Culturali e dei comitati.

Se avessi l’opportunità di prendere parola agli Stati Generali, che si stanno svolgendo in questi giorni e che il Presidente Conte ha fortemente voluto, quali parole chiavi utilizzeresti? In che modo si potrebbero coinvolgere i giovani così da renderli parte integrante del rilancio dell’Italia?

Secondo me le parole chiave dovrebbero essere: “Opponiamoci al distanziamento sociale, mantenendo quello fisico”. I giovani sono attivi, sono nei territori, stanno facendo migliaia di iniziative e progetti, l’importante è non ostacolarli: le energie e le capacità le hanno loro.

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