“There’s always a way” – Diario di uno scambio giovanile in Macedonia

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Quando 3 mesi fa ho scritto l’articolo NEXTGEN: la mobilità giovanile come primo passo verso la ripartenza, non avevo ancora mai partecipato a nessun scambio di mobilità europea.
Pensavo di ritrovarmi perfettamente nelle parole dette in quell’evento per via delle mie numerose esperienze di viaggio: “Nei progetti Erasmus+ c’è un’ostentazione alla diversità culturale che ti fortifica e ti apre gli occhi”, ma sapevo che finché non l’avessi vissuto sulla mia pelle, non l’avrei mai compreso così in fondo.

Così sono partita.

Ho trovato un’associazione, Gnu International APS, che cercava giovani italiani per uno scambio in Macedonia.
Non ero mai stata in Macedonia: sapevo solo che la loro bandiera era bella e con un sole, sapevo che era nei Balcani, vicino alla mia amata Croazia, ma niente di più.

Così sono partita: non c’è niente di più bello che andare in un posto sconosciuto, con persone sconosciute, per un progetto sconosciuto.

E questo è il diario di viaggio del mio primo progetto Erasmus+.
PS: Se volete informazioni sui luoghi turistici della Macedonia, sui cibi tipici ecc.. QUESTO NON è L’ARTICOLO GIUSTO.
Se volete immedesimarvi nelle emozioni provate da una ventiduenne nella sua prima esperienza di mobilità europea e capire come poter fare esperienze simili, continuate a leggere!

Cartello di benvenuto all’aeroporto di Skopje

GIORNO 1 (o forse 0, dipende).

Mi preme iniziare il mio racconto dal momento prima della partenza, perché probabilmente è stato il più difficile: infilare vestiti per una settimana in uno zainetto che rispetti le dimensioni stabilite da Ryanair (40x20x25) è un’impresa più unica che rara.
Questa è stata la mia prima sfida da affrontare, che ha innescato la mia prima riflessione che sarà ripresa in tutto lo scambio: LESS IS MORE.

A volte non ci rendiamo conto di quante cose inutili ci portiamo dietro, sia fisicamente che metaforicamente: cose, oggetti e pensieri che ci limitano, ci rendono più pesanti, ci ancorano nella nostra situazione.
Tagliare via gli oggetti, sbarazzarci delle cose inutili, è una scelta coraggiosa ma che vale da pena di fare, e anche spesso.
Così, in una calda notte pescarese, sono partita con il mio zainetto 40x20x25, il mio Green Pass e tutta la mia voglia di staccarmi dallo studio pre-esami e fare una nuova esperienza.

Sono arrivata a Roma, dove ho conosciuto una parte del gruppo italiano che mi avrebbe accompagnato in questo scambio, ovvero Claudio e Attilia, entrambi miei (quasi) coetanei. Da lì abbiamo preso l’aereo per Berlino, dove siamo arrivati nella mattinata del 23 agosto.
In realtà esistono dei voli diretti dall’Italia alla Macedonia, ma in questi progetti devi riuscire a mantenerti all’interno di un budget predefinito stabilito dall’Unione Europea, per cui all’andata ci è toccato uno scalo.
Poco male, perché nel tempo tra un aereo e l’altro, abbiamo optato per un giro nel centro città per vedere Berlino.

Nel pomeriggio, tornati all’aeroporto (dopo esserci persi e dopo aver affrontato uno sciopero dei mezzi) abbiamo incontrato gli ultimi due membri del team: Anna, un’altra ragazza napoletana anche lei quasi mia coetanea, e Paco, il team leader e presidente dell’associazione che ci ha portato lì.

Il volo Berlino – Skopje (capitale della Macedonia) è andato bene seppur con molto ritardo e qualche turbolenza. E qui arriva la mia seconda riflessione di questo diario di viaggio: AFFRONTATE LE VOSTRE PAURE.
Io odio gli aerei, da sempre, sia per il loro impatto sul pianeta, sia perché mi terrorizzano. Ma non mi faccio fermare da questo, e continuo a viaggiare. Per cui, se avete una paura, affrontatela o almeno cercate di non farvi limitare da questa.

Da Skopje ci è venuta a prendere una macchina privata che ci ha portato a Prilep, la città dove si sarebbe svolto lo scambio culturale.
Siamo arrivati alle 8 di sera dopo 16 ore di viaggio, e la prima impressione avuta sul luogo che ci ospitava è che fosse super decadente e vecchio, la camera sporca e rovinata. Inoltre, tutti gli altri partecipanti degli altri paesi erano lì dal pomeriggio, e già avevano fatto amicizia e ci guardavano con sospetto: non è stata sicuramente una bella prima impressione.
Dopo qualche chiacchiera tra noi italiane, siamo andate a dormire, stanche e deluse dal primo approccio, ma speranzose che dal secondo giorno le cose sarebbero andate meglio.

GIORNO 2

Il progetto a Prilep coinvolgeva 6 paesi: Macedonia, ovvero il paese ospitante, Lettonia, Serbia, Italia, Spagna e Grecia; 5 partecipanti per ogni paese, tutti dai 18 ai 30 anni.

Abbiamo cercato di iniziare il secondo giorno nel modo più positivo possibile: già sorpresi dall’abbondante colazione (e con opzioni vegane, fortunatamente!) abbiamo iniziato a fare amicizia con gli altri ragazzi* non italiani.
Le prime attività di gruppo che ci sono state proposte riguardavano il conoscersi e il team building: abbiamo cercato di imparare i nostri nomi, abbiamo deciso autonomamente le regole da rispettare e abbiamo parlato delle nostre aspettative riguardo il progetto.
La giornata è continuata con la spiegazione delle attività messe a disposizione grazie all’Erasmus+, agli European Solidarity Corps e allo Youth Pass: tutte questioni teoriche che vengono date per scontato e che sono sconosciute dalla maggior parte di giovani europei.

In Europa ci sono un sacco di scambi giovanili, ma letteralmente tantissimi, e le associazioni cercano costantemente partecipanti. Viaggio pagato, esperienza culturale inclusa. Mi chiedo ancora perché sia così sconosciuta questa opportunità.

Dopo cena (alle 18.30, in questi progetti ci si deve abituare agli orari improbabili) si è tenuta la serata interculturale: un’attività presente in quasi tutti gli scambi giovanili, in cui si mangiano cibi tipici degli altri paesi, si ballano canzoni popolari, si canta e ci si diverte.

Con il team italiano, oltre alla pasta, la Nutella e il caffè, il nostro cavallo di battaglia è stato cantare “Bella Ciao”: personalmente non pensavo che così tante persone la conoscessero, eppure contro ogni mia aspettativa è partito un coro da stadio assurdo appena iniziata la canzone.

Poi, tra liquori Macedoni e Serbi (troppo forti), sirtaki e diversi tipi di balli tipici, abbiamo esplorato Prilep by night, mescolandoci tra i giovani del posto e divertendoci insieme. Fino a tardi, troppo tardi.

Il tavolo del gruppo italiano per la serata interculturale

GIORNO 3

Una cosa bellissima di questi scambi a breve termine è che sai che, in quei pochi giorni, concentrerai tutte le attività, le energie e i rapporti sociali con le persone.
Per cui, se vi capita di fare un’esperienza del genere, sappiate che NON SI DORME. Anche le persone come me che pensano di non sopravvivere senza le 8 ore di sonno canoniche, si ritroveranno talmente coinvolte e entusiaste da decidere di rimanere tutta la notte sveglie, a chiacchierare con il gruppo e a scambiarsi esperienze.

Per questo, dopo una notte insonne, per il terzo giorno gli organizzatori hanno optato per farci fare attività all’aria aperta, nello specifico un Action Bound: attraverso un’app e divisi per squadre, abbiamo esplorato i luoghi tipici e i monumenti della città. Nell’app erano anche presenti delle sfide da svolgere, ad esempio parlare con i locals e farci i selfie con loro.

L’attività è stata super divertente, ma è stato ancora più bello il fatto che tutti i gruppi, finendo in anticipo le attività, si siano ritrovati a bere in un locale tutti insieme, senza aver organizzato niente ma in modo molto spontaneo.

Ecco, in Macedonia la vita costa poco, soprattutto se sei abituato ai prezzi Europei. Un caffè (buono, NON ABBIATE PREGIUDIZI su questo) costa dai 30 ai 50 centesimi, un drink alcolico poco più di 1€. Una birra, meno di 70 cent.
Per cui è totalmente normale che, in tutte le serate e nel tempo libero, l’attività principale fosse chiacchierare davanti ad una birra, per tante e tante ore di seguito.

Nel pomeriggio abbiamo avuto altre attività di Team building: siamo diventati una vera e propria forza collaborativa, per risolvere sfide insieme, senza usare la parola, ma solo attraverso il nostro linguaggio non verbale. L’attività è stata molto utile, specialmente perché dopo giorni passati a parlare solo inglese, abbiamo avuto l’occasione di non preoccuparci di cosa stessimo dicendo e se lo stessimo dicendo bene, usando solo i gesti. Soprattutto per noi italiani, ben conosciuti per essere molto “gestuali”.

La mappa di Prilep per l’Action Bound

GIORNO 4 E GIORNO 5

In questi due giorni, che metterò insieme, le nostre attività si sono concentrate sulla crisi dovuta alla pandemia: come gestire le nostre finanze, come trovare opportunità online, come formarsi con i vari corsi e come diventare un Freelancer.

Ognuno dei diversi paesi partecipanti ha spiegato come il proprio Governo ha gestito la pandemia, i problemi affrontati e le soluzioni messe in campo.
Quello che ho notato è che, dalla Serbia all’Italia, passando da Grecia, Macedonia, Spagna e Lettonia, ci siamo tutti trovati nella stessa situazione: politiche ambigue, mancanza di interazioni, impreparazione nell’affrontare la situazione. Giovani che non sapevano come usare il loro tempo, come socializzare, come riprendersi dopo mesi chiusi in casa.

Ho anche capito che in alcuni paesi la situazione è stata peggio rispetto all’Italia: mi ha sconvolto il racconto di un ragazzo serbo che mi ha spiegato che, durante la pandemia, la “soluzione” trovata dal governo (o dal dittatore) sia stata quella di aumentare la brutalità della polizia. Per cui la gente non usciva non per paura del Covid, ma per paura di essere picchiato per strada.

Va sottolineato che in tutti i progetti Erasmus+ si predilige l’educazione non formale, per cui tutte le sessioni tematiche venivano portate avanti attraverso attività di gruppo, discussioni, progetti fotografici o video. Insomma, l’obbiettivo non era solo imparare, ma anche creare materiale da poter condividere con altre persone e altri giovani.

Inoltre si tende a sfruttare i momenti liberi per chiacchierare sui temi appena affrontati, oltre che per giocare (biliardo e ping pong nel mio caso) e divertirsi.

ULTIMO GIORNO

Il tempo di fare amicizia con tutti, di aver imparato i nomi, di aver iniziato a parlare delle cose più profonde della nostra vita, che è già il momento di andare via.
Sono solita piangere negli addii, ma questa volta ho cercato di darmi un contegno: 6 giorni sembrano pochi, ma in realtà, a questa intensità, ti scalfiscono il cuore.

Ho imparato tantissime cose sulla Macedonia e su tutti gli altri paesi partecipanti; ho scoperto cibi, culture, opportunità e idee.
Ho trovato lo stimolo per darmi da fare nel rendere il mio paese un posto migliore, per migliorare me stessa e per aiutare altre persone a trovare opportunità simili.

Concludo il mio diario di viaggio invitandovi a cercare esperienze così, a viaggiare, a partire da un momento all’altro per una nuova avventura.
Mai mi sarei aspettata che un’esperienza di così pochi giorni mi cambiasse la vita, soprattutto considerando come era iniziata!

Vi lascio una citazione letta casualmente il giorno dopo il mio ritorno in Italia: “Viaggiare ti rende modesto: capisci quanto è piccolo il posto che occupi nel mondo”.
Niente di più vero!