Usare i fondi del Recovery Fund per riformare il sistema penitenziario

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A pochi giorni dall’accordo europeo sul Recovery Fund e su Next Generation EU, l’Associazione Antigone ha presentato una proposta per un uso razionale dei fondi per riformare il sistema penitenziario italiano.

Secondo gli accordi sul Recovery Fund, in Italia dovrebbero arrivare 209 miliardi di euro, una parte dei quali sarà destinata al sistema penitenziario.

Da anni in prima linea per garantire la tutela dei diritti dei detenuti, l’Associazione Antigone ha pubblicato un documento contenente una serie di suggerimenti per riformare e migliorare il sistema penitenziario italiano grazie alle risorse che arriveranno dall’Unione Europea.

“Il Recovery Fund deve essere l’occasione di una vera ripartenza, […] e una vera ripartenza presuppone politiche inclusive rivolte alle fasce più deboli”, si legge in apertura.

La pandemia in corso ha sicuramente contribuito a far luce sul problema mai risolto del sovraffollamento delle carceri italiane, problema per cui l’Italia fu addirittura condannata dalla Corte europea per i diritti umani di Strasburgo nel 2013. Immaginate la difficoltà nel mantenere il distanziamento tra i detenuti per evitare i contagi.

L’Associazione suggerisce di destinare parte dei fondi alla facilitazione di misure alternative alla detenzione, come le case-famiglia o le case di accoglienza, soluzioni che oltre a diminuire la presenza dei detenuti in carcere permetterebbero anche una sostanziale diminuzione dei costi di gestione.

Altro punto fondamentale del programma di riforme presentato dall’Associazione è il finanziamento di progetti educativi e di formazione professionale, al fine di facilitare l’ingresso dei detenuti nel mondo del lavoro e permettere così il loro reinserimento sociale.

Per fare in modo che l’esperienza della detenzione possa realmente contribuire alla riabilitazione della persona, l’Associazione chiede di investire fondi per la modernizzazione delle carceri e per la creazione di spazi comuni quali aule, biblioteche, teatri e centri sportivi.

Uno dei pilastri del Recovery Fund, ma anche del documento in questione, è la transizione digitale. Durante la pandemia importanti miglioramenti sono avvenuti all’interno delle carceri italiane per permettere ai detenuti di mantenere i rapporti con le persone care nonostante il lockdown. Potenziare le infrastrutture tecnologiche permetterebbe il proseguimento di progetti come la didattica a distanza e l’aumento dei video-colloqui.

Infine, l’Associazione chiede di investire sul capitale umano e in particolar modo sul personale medico, sugli psicologi e sugli assistenti sociali, sottolineando la carenza di organico e il valore positivo del supporto psicologico durante il percorso riabilitativo del detenuto.

È un momento cruciale per il nostro paese. Nonostante in passato l’Italia abbia dimostrato scarsa capacità nel saper sfruttare i fondi europei (secondo un report della Corte dei conti europea aggiornato a settembre l’Italia è penultima per capacità di assorbimento dei fondi di bilancio 2014-2020), il Recovery Fund potrebbe realmente attivare la ripresa del Paese.

Tra i vari problemi che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi mesi rientra sicuramente anche il sovraffollamento dei luoghi di detenzione, problema ben noto da anni ma non ancora risolto, che richiede una sostanziale modifica del sistema penitenziario.

L’Associazione definisce il Recovery Fund come “un’occasione da non perdere” e dichiara: “Usiamo i fondi del Recovery Fund per un nuovo sistema penitenziario e non per nuovi penitenziari”.