Maria Montessori e la sua rivoluzione educativa

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Nella vulgata popolare talvolta accade di sentire che nella vita ci sono mestieri e professioni alle quali ognuno, secondo predisposizioni e competenze, può ambire, ma le vocazioni sono tre: il medico, il sacerdote e l’insegnante.

A fronte di formali riconoscimenti nazionali e internazionali possiamo affermare che Maria Montessori è stata una delle più grandi insegnanti e pedagogiste di tutti i tempi.

In occasione del Convegno organizzato per i 150° anni dalla sua nascita, Papa Francesco scrisse di lei come «una delle più eminenti figure della scena culturale del Novecento, che ha lasciato un segno profondo nell’ambito educativo e nell’intera società per la costruzione di un mondo più fraterno e pacifico. La significativa ricorrenza favorisca una generosa dedizione in favore delle nuove generazioni, per formare persone solidali, cittadini del mondo aperti al dialogo e all’accoglienza»

L’opera pedagogica di Montessori (1870-1952) si è diffusa in modo straordinario in tutto il mondo: oggi si contano 65mila scuole in 145 Paesi, tra materne, elementari, medie e superiori. In Italia ve ne sono circa 200, negli Stati Uniti 4.400, in Germania 1.100, nel Regno Unito 800, in Irlanda 375, nel resto d’Europa 460. All’ Association Montessori Internationale sono affiliate scuole della Mongolia, del Messico, della Colombia, ma anche della Bielorussia e del Pakistan. Ve ne sono anche in Africa, in Australia e in Nuova Zelanda

A più di 150 anni dalla nascita, a che cosa è dovuto il successo della Montessori, tanto da proclamarla universalmente “la donna italiana più famosa nel mondo”?

Lo spirito rivoluzionario della sua concezione educativa è molto chiaro nelle parole che testualmente lei disse in più occasioni, anche pubbliche: “Si deve educare da quell’epoca della vita in cui l’uomo non è ancora nulla, in quel punto in cui spiritualmente egli è ancora uno zero. In questo punto dell’esistenza umana tutto è in comune, cioè nulla esiste ancora, ma in quel punto si trovano infinite possibilità latenti tanto per separare, quanto per riunire gli uomini. L’idea non può non sembrare buona: se si comincia ad educare in quel punto in cui tutto è informe sarà possibile trovare la strada per creare l’armonia fra gli uomini. Questa è la più grande finalità che si possa proporre un sistema educativo. Ed è di immenso sollievo per gli uomini tutti la speranza che le sorti del mondo possano mutare attraverso il bambino”.

La nostra protagonista non ebbe mai vita facile, a partire dall’inizio del suo percorso di studi universitari a La Sapienza di Roma.

Dopo aver preso la licenza tecnico-scientifica la giovane Maria espresse il desiderio di studiare Medicina e Chirurgia, evento che fino alla fine dell’Ottocento non era mai avvenuto. Accompagnata dal padre e da una buona dose di coraggio si presentò dal ministro dell’epoca – Guido Baccelli – il quale consigliò l’iscrizione a Scienze Naturali per poi transitare l’anno successivo in Medicina.

Gli anni universitari furono un martirio di prese in giro, derisioni, umiliazioni pubbliche per la colpa di essere donna e si conclusero con la tanto attesa Laurea. I giornali dell’epoca scrissero di una medichessa alla Sapienza.

Nello stesso anno della laurea (1896), Maria fece parte, a Berlino, della delegazione italiana al Congresso mondiale sui diritti della donna, dove presentò una mozione per la parità dei salari con gli uomini. Fondò anche un’Associazione della donna per l’emancipazione femminile. Appena laureata, era già fautrice dei diritti delle donne, una contestatrice e femminista ante litteram.

Cominciò il suo percorso professionale presso la Clinica medica dell’Università di Roma e riuscì a sviluppare il suo interesse per la neuropsichiatria occupandosi di giovanissimi pazienti che le diedero l’occasione di esprimere la convinzione che molti di essi non avessero, in realtà, sviluppato le loro potenzialità. D’ora innanzi la sua vita sarà interamente consacrata allo studio e all’aiuto nei confronti di quegli alunni considerati irrecuperabili.

Nel 1899 entrò nel comitato direttivo della Lega nazionale per la protezione dei bambini definiti “anormali” e, insieme al collega Giuseppe Montesano, assunse la direzione della Scuola magistrale ortofrenica: è il ramo della psichiatria che studia le caratteristiche dei ritardi di sviluppo mentale dei minorati psichici e i metodi per curarli. Nei convegni nazionali ed europei ebbe modo di far conoscere i risultati conseguiti nelle sue esperienze e iniziò così il suo iter internazionale.

Nel 1906 fu incaricata di organizzare la scuola materna per i figli degli operai del quartiere popolare San Lorenzo a Roma, dove si stavano costruendo 58 nuovi palazzi con maestranze non particolarmente qualificate: occorreva pensare ai figli degli operai dai tre ai sei anni, e lei fu chiamata ad occuparsene. Si trattatava di giovanissimi con gravi povertà educative: erano rozzi, incapaci di esprimersi e talvolta violenti. Fondò così la prima “Casa dei Bambini”. Poiché non c’erano finanziamenti da parte del Comune, lei stessa fece costruire sedie e tavoli a misura di bambino. Nell’esperienza assunsero una forma più chiara le sue idee pedagogiche, dopo il singolare successo avuto con i disabili. I bambini vi si trovavano a loro agio, erano entusiasti della nuova sistemazione, rendevano molto di più degli altri bambini, e soprattutto imparavano a vivere insieme. Presso la Casa da lei fondata ebbe l’onore di accogliere, come ospite autorevole, Luigi Sturzo (fondatore del Partito Popolare Italiano e fermo nel contrasto alla dittatura fascista)

Visto il successo, venne fondata una nuova “Casa dei bambini” e ne verranno fondate altre due a Milano.

Queste Case dei bambini divennero delle best practices imitate in Svizzera e negli Stati Uniti d’America, ove si recò personalmente nel 1913.

In che cosa consiste il metodo montessoriano? Esso si ispirava a Jean-Jacques Rousseau e ai due pedagogisti Johann Pestalozzi e Friedrich Froebel. La Montessori ha abbracciato quella concezione filosofico-pedagogica di quella che oggi potremmo definire Educazione per Competenze. 

Il metodo inizia dall’educazione sensoriale dei neonati fino ai tre anni, per svilupparsi dai tre ai sei anni con l’impiego del materiale già sperimentato nelle Case dei Bambini.

Il principio base dell’educazione è l’aiuto alla vita e l’educatore deve far sviluppare le potenzialità del fanciullo: la vita stessa svolgerà il suo compito di «costruttore dell’uomo», secondo la definizione data dalla Montessori. Nel linguaggio tecnico pedagogico, infatti, per “educazione” si intende il massimo a cui può mirare un percorso formativo: non solo un alunno che conosce degli argomenti e li sa trasformare in attività concrete, ma un alunno che agisce con competenza nella Società, esercitando dunque il suo ruolo di cittadino con spirito etico.

Va dunque favorita la libertà dei bambini: a loro non va imposto nulla; essi stessi devono scegliere come giocare, che cosa fare. L’educatore li aiuta nel preparare il materiale didattico e nell’accompagnarli nella crescita.

Viene proposto e attualizzato una sorta di “Movimento No Banchi”: l’alunno deve avere libertà di movimento ed essere privo di barriere superflue. Questa concezione potrebbe generare (cosa avvenuta) l’equivoco di ragazzi allo sbando, niente di più sbagliato. Se il movimento e la libertà di agire sono incentivati c’è da sottolineare come il ruolo del docente sia di far capire che, per citare Martin Luther King, “la mia libertà finisce dove comincia la vostra”. Gli alunni dunque gradualmente e con gli opportuni ausili, se necessario, vengono indirizzati ad avere il dovuto rispetto nei confronti degli altri, senza punizioni (=umiliazioni pubbliche) né premi per non far scatenare una competizioni fra alunni che farebbe smarrire il senso di mutuo soccorso che non può mancare in nessuna comunità educativa.

La Montessori investirà molto impegno anche per educare questi giovani a saper stare sempre per più tempo in silenzio: se da un lato è fondamentale favorire il dialogo e l’espressione dei propri sentimenti, d’altro canto si presentano situazioni in cui il cittadino del futuro deve saper agire con elevata concentrazione, che il silenzio sicuramente favorisce.

Considerate le grandi precarietà familiari degli alunni della Maestra Maria, precarietà che purtroppo sono talvolta presenti in contesti periferici del nostro Paese, verrà molto incentivata la cura di sé stessi sotto il profilo dell’igiene personale, della cura dell’abbigliamento e di una sana ed adeguata alimentazione.

La distensione di un processo educativo è infatti influenzata dall’avere alunni a proprio agio con la loro condizione igienica e nutrizionale.

Saper usare le mani per fare il bene sarà un altro pilastro sul quale la Montessori lavorerà a lungo: verrà sviluppato con l’ausilio di apposita strumentistica lo sviluppo della capacità manuale degli alunni.

Durante la I° Guerra Mondiale verrà fondata a Barcellona, dove si trasferirà assieme ad una sua allieva, la Escola Modelo Montessori che fu un vero successo sotto ogni punto di vista.

La grande cultura religiosa del posto fu usata dalla pedagogista che sfruttò le cerimonie liturgiche alle quali gli alunni prendono parte quotidianamente per insegnare loro l’importanza di un movimento discreto e aggraziato, oltre che ad un uso del tono di voce differente a seconda della circostanza. Giova ricordare che le Sante Messe che venivano fatte in quel periodo erano molto diverse da quelle che avvengono ora: si era nella fase precedente al Concilio Ecumenico Vaticano II con celebrazioni lunghe, dette in latino, e che prevedevano un vero e proprio addestramento da parte dei fedeli partecipanti.

Nel suo periodo spagnolo la Montessori capì che già verso i sei anni inizia nel bambino l’esplorazione del mondo e nasce l’interesse per il comportamento e il giudizio su di esso. Non è semplice guidarlo, perché il bambino vuole capire da solo e non si accontenta di assorbire passivamente i giudizi; tuttavia “la libertà del bambino deve avere come limite l’interesse collettivo: come forma ciò che noi chiamiamo educazione delle maniere e degli atti. Dobbiamo quindi impedire al fanciullo tutto quanto può offendere o nuocere agli altri, o quanto ha significato di atto indecoroso o sgarbato”.

Rientrata in Italia nel 1924, Maria fu ricevuta da Benedetto XV, che la benedì e ne elogiò il metodo. Ebbe anche l’apprezzamento fascista: Mussolini, nel discorso per il suo rientro, definì il telegrafo di Marconi e il metodo Montessori “due genialità congiunte nel nome augusto della Patria”. Con l’approvazione del regime nacquero l’Opera Nazionale Montessori, di cui il Duce era presidente onorario, e la rivista L’ idea Montessori. L’Opera ebbe il sostegno di personalità quali Guglielmo Marconi, Sigmund Freud, Jean Piaget e Rabindranath Tagore. Nel 1926, la Montessori organizzò un corso di formazione nazionale per preparare gli insegnanti ad applicare il metodo. In quell’occasione Mussolini definì il successo montessoriano un vanto per l’Italia. Tuttavia le nuove scuole, poiché non potevano essere controllate, davano insieme gloria e fastidio al Duce. Inoltre, qualche appunto era stato mosso da Giuseppe Lombardo Radice, in un primo momento favorevole, poi critico della Montessori, a cui opponeva le idee pedagogiche delle sorelle Agazzi, a suo giudizio meglio radicate nella tradizione italiana.

Qualche anno dopo, si verificò la rottura con il fascismo. Prima Hitler chiuse le scuole montessoriane in Germania, poi nel 1933 i contrasti con il regime costrinsero Maria ad abbandonare l’Opera Nazionale e a trasferirsi definitivamente nei Paesi Bassi. Continuavano intanto i suoi viaggi internazionali.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, la Montessori si trovava in India, dove riscosse notevole successo la sua pedagogia adattata alla situazione indiana. Vi rimase sette anni. Purtroppo dovette anche subire una sorta di domicilio coatto, perché cittadina di un Paese nemico. Nonostante tutto, riuscì a formare circa 1.500 maestri indiani.

Nel 1946 tornò in Europa, dove fu accolta con grandi onori e ricostituì l’Opera Nazionale. Tre anni dopo partecipò all’VIII Congresso Internazionale Montessori, che aveva per tema «La formazione dell’uomo nella ricostruzione mondiale». Nel 1952, ancora nel pieno dell’attività, la morte la colse nella sua dimora dei Paesi Bassi. Fu sepolta a Noordwijk aan Zee, vicino l’Aia, nel cimitero cattolico. Sulla tomba è scritto: “Io prego i cari bambini, che possono tutto, di unirsi a me per la costruzione della pace negli uomini e nel mondo”.

Gli studi sui bambini mostrano il valore dell’infanzia: dal punto di vista psicologico, secondo la Montessori, i primi due anni dell’esistenza sono fondamentali, perché è il tempo in cui il bambino passa dall’incoscienza dei primi momenti di vita alla formazione delle sue facoltà mentali e fisiche. Nasce l’uomo del futuro, si pongono le basi della sua evoluzione, perché si sviluppa un insieme di novità con una propria dinamica. Se queste basi vengono deviate o distorte, possono comportare danni irreversibili. È l’età in cui sorgono sia le qualità positive sia i difetti, caratteristiche che poi definiranno l’uomo adulto e ne segneranno, a volte per sempre, la personalità.

Di solito si ritiene che il neonato sia soltanto debole, privo d’intelligenza, di forza, di volontà, bisognoso di aiuto. Il metodo montessoriano sostiene invece il contrario: “Noi pensiamo che l’umanità debba ricorrere al bambino per farsi aiutare da lui, per orientarsi, per trovare la strada giusta. Solo il bambino può aiutare l’umanità a risolvere una grande quantità di problemi sociali e individuali. Il bambino non è affatto debole e povero: il bambino è il padre dell’umanità e della civilizzazione, è il nostro maestro, anche nei riguardi della sua educazione. Questa non è un’esaltazione fuori misura dell’infanzia: è una grande verità”

Maria Montessori, fra la tante, coniò questa bella espressione: “L’unità del mondo attraverso il bambino”.

Quando un “cucciolo d’uomo” nasce, è accolto con amore da chi lo ha messo al mondo. Se nella vita adulta questo uomo o donna avrà dei problemi comportamentali o di esprimere i propri sentimenti è possibile che la causa di queste sue difficoltà sia un mancato affetto e amore familiare durante i primi anni di vita. Il senso di protezione e serenità viene infatti percepito anche prima del concepimento, già durante la gravidanza.

Tristemente nella società di oggi e forse anche in quella di ieri il “Dio Amore” è stato scaraventato dalla finestra per lasciare spazio alla ricerca sfrenata del “Dio Denaro”, dell’affermazione personale e dell’individualismo. Di particolare senso logico è la frase citata da Andrés Segovia nel corso di un’intervista a Raidue nel 1972 “in Spagna sono presenti trentatré milioni di monarchi assoluti”.

Che cosa può trasformare il cuore dell’uomo? Risponde la Montessori: “Non c’è altra possibilità per unire gli uomini di tutto il mondo se non questa: l’amore e l’interesse per i bambini”.

La nascita di un bimbo può operare nella famiglia una sorta di miracolo. Anche un egoista, davanti a una vita nuova, può trasformarsi radicalmente nell’amare. Il bambino “non possiede nulla, eppure promette tutto: nelle case dei ricchi e in quelle dei poveri, in tutte le nazioni, non sa di partiti politici o di altre distinzioni o divergenze sociali, dovunque nasce, si presenta con le stesse caratteristiche».

Tale certezza fonda “la speranza che l’educazione possa essere lo strumento più efficace per realizzare l’unione di tutta la famiglia umana”.

Credit immagine Montessori: Konkani Vishwakosh-Goa University