Tra licei e università: Napoli protesta contro la didattica a distanza

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Che la didattica a distanza ormai non basti più a genitori, insegnanti e studenti è ormai ben noto a tutti. Che sia per i più inadatta e diventata ormai non un mezzo emergenziale ma un comodo sostituto per non affrontare i problemi e le carenze del sistema scolastico, anche. Non basta più dire “riapriremo in sicurezza”, servono proposte concrete affinché la riapertura di febbraio non diventi un ulteriore apri-chiudi.

È questo il motivo per cui nonostante l’imminente apertura verso la fine di gennaio i ragazzi dei licei Labriola e Vico hanno occupato i plessi scolastici, con la richiesta di un rientro a scuola che sia davvero sicuro: presidi sanitari, tamponi, sportelli psicologici e implemento dell’organico scolastico sono solo alcune delle richieste fatte dagli studenti di entrambi i licei.

Assieme agli studenti del liceo si sono aggiunti gli studenti della facoltà di lettere della Federico II, i quali chiedono anche loro un rientro in sicurezza.
Parlando con uno dei ragazzi ad occupazione conclusa ecco quello che è successo.

Parlami dell’occupazione, che cosa avete ottenuto?
Credo non sia necessario ripetere le problematiche che abbiamo vissuto quest’anno: possiamo sintetizzare in una completa assenza di tutela e considerazione degli studenti, che sono stati considerati come ultima ruota del carro, anzi, secondo me, nemmeno considerati parte del carro. L’occupazione è avvenuta circa due settimane fa dopo una serie di incontri con il rettore nel quale abbiamo ricevuto risposte aleatorie, fatte di “poi faremo”, “poi diremo” e rinvii vari. Siamo riusciti a mettere una pressione sul rettorato tramite l’occupazione degli uffici continuando ad esserci fisicamente in questo luogo con assemblee. Coinvolgendo gli altri studenti abbiamo stilato in assemblea un documento di dieci punti che è anche presente sulla pagina Facebook Lettere occupate e di questi dieci alcuni erano più legati all’immanenza delle nostre richieste come la richiesta di aule studio e posti per poter ricominciare ad esistere come studenti, altri erano proprio di messa in discussione di alcune logiche che ormai hanno a che fare con l’andazzo dell’università e la trasformazione di questa in azienda, primo su tutti il fatto che se sei fuori corso ti ritrovi a pagare un numero spropositato di tasse in più. Siamo giunti quindi al compromesso di oggi, con l’apertura del chiostro che rimane una sorta di assemblea permanente, dove ogni giorno si continua a tenere alle 12 un’assemblea aperta e pubblica dopodiché oltre che come aula studio stessa ed in più quelle che noi chiamiamo “catacombe”, edifici del piano inferiore rispetto al chiostro, che entro i prossimi giorni verranno riempiti di tavoli e sedie. Effettivamente, quindi, c’è stata una risposta alle nostre richieste.

Quali sono le vostre proposte per una riapertura in sicurezza?
Se parliamo di una riapertura totale è una cosa su cui dobbiamo ragionare per bene. Chiaramente nessuno di noi nega l’emergenza e pensa ad una riapertura come ai vecchi tempi, senza l’attuazione di misure di contenimento e distanziamento, però esiste una via di mezzo tra l’aprire tutto e quello che è stato in questi giorni, ovvero niente. In questi giorni il rettore, in un certo senso cercando di dividere la componente studentesca, ha ben pensato di chiudere per par condicio tutti i dipartimenti, data l’occupazione, e non far svolgere le sedute di laurea in presenza, cosa che secondo noi è perfettamente possibile.

Credi che il motivo per cui l’università sia stata così poco considerata dalla politica sia il suo non generare profitto?
Assolutamente sì. Noi tutti siamo ormai abituati al fatto che durante la gestione dell’emergenza sia stato data priorità al profitto anche quando non era possibile, penso alle riaperture in estate e a tutta una serie di provvedimenti. Quando parliamo di università e profitto dobbiamo chiederci: “Ma di che tipo?”, perché non è vero che non genera profitto, si tratta semplicemente di una ricchezza che non è economica e che non è espressa subito in denaro. C’è una sorta di incapacità da parte della classe politica di vedere e gestire la cosa, dimenticandosi che la futura classe dirigente saremo noi.

Se aveste la possibilità di parlare al governo nascente cosa vorreste dire?
Penso che con il governo nascente non ci sarà nessuna rottura rispetto alle logiche che abbiamo subito negli ultimi anni e nell’ultimo periodo: se abbiamo detto che l’università è stata chiusa per tutto questo tempo proprio perché è quella che genera meno profitto, Draghi alla Presidenza del Consiglio sembra proprio continuare sulla scia del profitto come unico dio. Non ci aspettiamo nessuna concessione e nessun favore, sappiamo che quello che ci serve per continuare dobbiamo prendercelo noi con l’auto-organizzazione. Se la logica del profitto è stata quella imperante fino ad adesso, pensiamo che Draghi ne sia proprio l’emblema.

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