Come si diventa insegnanti

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Quando sono nate le prime università, molti secoli fa, quei pochi alunni abbienti sceglievano uno o degli insegnanti ritenuti “di chiara fama” e pagavano loro il compenso per svolgere delle lezioni dialogate.

Oggi lo Stato moderno ha voluto codificare la “chiara fama” con la frequentazione di percorsi specifici e obbligatori per dichiarare un futuro insegnante abilitato ad entrare in classe. Le tappe, grossomodo, sono le seguenti:

L’ottenimento di un titolo di studio che sia abilitante: quindi la Laurea abilitante in Scienze della Formazione per insegnare alla Scuola dell’Infanzia e Primaria oppure, per la Secondaria di I° e II° grado è necessario un percorso abilitante integrativo ad una laurea disciplinare (ad esempio per chi come me vorrebbe insegnare Diritto deve laurearsi in Giurisprudenza per la classe di concorso A046).

Il percorso integrativo che consente di potersi fregiare dell’abilitazione è un percorso organizzato dalle Università ora codificato in 60 CFU. Con questo step si è dichiarati abilitati per iscriversi alle Graduatorie Provinciali per le Supplenze e per iscriversi (quando il ministero lo farà) ad un concorso pubblico per titoli ed esami.

Le GPS sono aggiornate ogni tre anni e si attinge da esse per nominare i supplenti temporanei.

I 60 CFU si concretizzeranno in lezioni frontali di didattica della disciplina per la quale si vuole concorrere, pedagogia e storia della Scuola.

Gli Insegnanti sono di solito dei Dirigenti Scolastici o Tecnici inquadrati come “Insegnanti a contratto” che tengono i corsi e relativi esami.

Certe regioni, come il Veneto, stanno siglando patti di collaborazione Regione-Ministero-Università per consentire a chi frequenta questi corsi di visitare delle Scuole innovative (una specie di tirocinio).

Tutto ebbe inizio a giugno 2020 quando su proposta del Dicastero guidato da Patrizio Bianchi si volle cambiare, come avvenne con Legge, il numero dei CFU per l’abilitazione passando da 24 ai 60 attuali.

Ovviamente per i prossimi anni sono previste delle procedure di transizione: per chi ha la precedente abilitazione e ha svolto 3 anni di supplenze potrà ugualmente iscriversi ai concorsi.

Tutti gli altri dovranno adeguarsi, sostenendo a proprio carico un costo che può raggiungere i 2500/2600 euro (su stima del Il Sole 24 Ore) che consentirà di adeguarsi alla nuova previsione normativa.

La Presidente del Consiglio dei Ministri attuale ha firmato il decreto attuativo ai primi di Agosto di quest’anno, dopo che la politica ha di fatto bloccato per un anno le procedure di abilitazione che ora dovranno ripartire in velocità e affanno visto che l’Anno Accademico delle Università.

Nella Scuola Secondaria di I° e II° si mantengono dunque ben distinti i singoli docenti ancorati ad un sistema che ben delinea la specializzazione disciplinare.

Ci saranno circa una trentina di classi di concorso (correlate al percorso universitario effettuato).

Per la Scuola dell’Infanzia e la Scuola Primaria il percorso è diverso. 

Gli studenti studiano per 5 anni come funziona il cervello dei loro futuri alunni e come approcciarsi alla didattica delle singole discipline.

Con tutti i difetti del mondo possiamo affermare con serenità che questa concezione di formazione può solo che essere migliorata (come tutto). Il ranking globale delle attività formative mette la nostra Scuola Primaria ogni anno fra la II° e IV° posizione globale. Perché si dedicano più risorse finanziarie rispetto agli altri ordini di Istruzione ma anche perché si può far riferimento ad un personale docente generalmente motivato e preparato.

Si pensi che studiano 5 anni e con quel titolo di studio non possono fare altro che Insegnare.

Il percorso di laurea magistrale in Scienze della Formazione Primaria, che in certi Atenei prevede altresì delle prove contingentate per l’iscrizione, arricchisce ed è idoneo alla preparazione professionale del futuro Maestro/a perché oltre a far studiare pedagogia, psicologia, e la didattica specifica delle singole discipline consente di effettuare dei tirocini presso scuole statali disponibili ad accogliere questi studenti.

L’insegnamento nella Scuola Primaria prevede generalmente tre classi di concorso:

  1. Il posto comune: si insegnano le discipline stabilite dal Dirigente Scolastico ad inizio anno scolastico. Avendo tuttavia l’abilitazione per insegnarle quasi tutte, incluse le Lingue straniere e educazione civica.
  2. Il posto di sostegno per il quale però è necessario frequentare, nei cinque anni di studi, appositi corso di qualificazione.
  3. L’insegnamento di IRC “Insegnamento Religione Cattolica”: per questa disciplina il percorso è autonomo e soggetto alle norme sul nuovo concordato fra Repubblica Italiana e Santa Sede.

Per poter insegnare Religione in tutte le scuole di ogni ordine e grado (quindi anche alla Primaria) è obbligatorio essere in possesso della Laurea Magistrale in Scienze Religiose o in Teologia. Tali percorsi di studio sono frequentabili nelle cosiddette “Università pontificie” o negli altri atenei accreditati presso la Sede Apostolica.

Oltre al titolo di studio, che è abilitante, è necessario che l’Insegnante risponda dei requisiti di idoneità giudicati dall’Ordinario Diocesano della Diocesi ove presta servizio.

L’idoneità si mantiene frequentando i corsi obbligatori proposti dalla Curia diocesana e mantenendo una condotta disciplinata dal Codice di diritto canonico:

“L‘Ordinario del luogo si dia premura che coloro, i quali sono deputati come Insegnanti della Religione nelle scuole, anche non cattoliche, siano eccellenti per retta dottrina, per testimonianza di vita cristiana e per abilità pedagogica.

È diritto dell’Ordinario del luogo per la propria Diocesi di nominare o di approvare gli Insegnanti di Religione, e parimenti, se lo richiedano motivi di religione o di costumi, di rimuoverli oppure di esigere che siano rimossi.”

L’Insegnante di Religione dunque mantiene una doppia dipendenza, nell’ambito giuslavoristico-disciplinare con il Dirigente Scolastico e relativamente all’idoneità professionale con l’ordinario.

Resta inteso che la perdita dell’idoneità comporta la risoluzione del contratto di lavoro. 

L’ultima classe di concorso è quella di Educazione Motoria: il recente concorso appena bandito deroga alla Laurea in Scienze della Formazione ma chiede una laurea in Scienze Motorie e Sportive oltre che ai 24/60 CFU (come per un Insegnante delle Superiori). 

Il Concorso: si tratta generalmente di un concorso con prove scritte e orali il quale, al termine delle procedure concorsuali, assegna i vincitori agli Istituti di prima assegnazione dove verrà effettuato il cosiddetto periodo di formazione e di prova.

In base alla specifica situazione contingente storico vengono assegnati requisiti diversi per la partecipazione al concorso: talvolta si bandiscono i cd “concorsi straordinari” per reclutare in ruolo chi ha alle spalle numerosi anni di precariato ma è sprovvisto dell’abilitazione.

Il Concorso è strutturato su base regionale è gestito da un apposito Ufficio dell’Ufficio Scolastico Regionale che cura la costituzione delle commissioni e la vigilanza sul corretto svolgimento

I vincitori del concorso verranno assegnati ad una Istituzione Scolastica nella quale dovranno svolgere l’anno di formazione e di prova oltre che garantire 3 anni di permanenza in servizio.

L’anno di prova: i primi nove mesi di scuola quindi si concretizzano nello svolgere il proprio mestiere dovendo essere seguiti da un Docente Tutor che relazionerà di come ci si interfaccia con gli alunni e con quali competenze didattico-metodologiche.

La relazione viene in seguito esaminata dal Comitato di Valutazione interno alla Scuola che esprime un parere obbligatorio non vincolante al Dirigente Scolastico il quale emetterà il decreto di conferma in ruolo oppure no.

Il Dirigente può discostarsi dal parere del Comitato di valutazione motivatamente, facendo emergere tali esigenze nel provvedimento, secondo quanto previsto dalla Legge 241 del 1990, articolo 3.

Qualora un docente risulti inidoneo non si può licenziare immediatamente ma è necessario far ripetere l’anno di prova e, se non lo supererà, allora si potrà risolvere il contratto.

Ovviamente questa è una descrizione lineare che non tiene in considerazione lunghi contenziosi che denotano la sconfitta di certe persone che trasportano i problemi (in generale i loro) nelle aule dei Tribunali trasformandoli nella “giuridicizzazione della scuola” per dirla alla Franco De Anna.

Resta sempre inteso che un insegnante confermato in ruolo possa perdere la “patente da prof”. In un caso abbastanza divertente la Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto che la persistente inettitudine e insufficiente rendimento di possono dichiarare anche successivamente all’assunzione a tempo indeterminato. Detta diversamente: si deve mandare a casa anche il prof di ruolo il quale dopo 30 anni si è stufato ed entra in classe leggendo la Gazzetta dello Sport.

Ci sono delle situazioni purtroppo non rare che si devono seguire in caso di carenza di docenti e che vale la pena conoscere, specialmente per chi è molto giovane e non è ancora sicuro che l’Insegnamento faccia per lui/lei.

Se non si riuscisse a “trovare “ l’insegnante perché le graduatorie dell’ultimo concorso sono esaurite e lo sono anche le GPS allora le scuole possono attingere dalle “Messe a Disposizione”, comunicazioni che un singolo – anche sprovvisto dell’abilitazione – può fare dichiarandosi disponibile ad Insegnare.

Se anche le MAD dovessero esaurirsi allora la Scuola bandirà un Interpello Nazionale al quale potranno candidarsi gli abilitati (ovviamente) ma anche i non abilitati e coloro i quali sono all’ultimo (V°) anno di università non ancora laureati. Ferma restando la pertinenza tra corso di laurea frequentato  e materia di insegnamento.

Un carenza di programmazione definitiva ed il continuo cambiamento delle regole sul reclutamento ha generato infatti spaventosi vuoti di organico e una situazione in cui il personale viene da svariati percorsi di preparazione.

Si ricordi il cosiddetto organico covid che ha inserito docenti assolutamente sprovvisti di competenze e attitudini idonee all’insegnamento.

La Scuola vera, non può trasformarsi in un grande centro per l’impiego con la funzione di garantire un salario a chi dovrebbe stare altrove.

Non si dimentichi che il primo ruolo del sistema di istruzione e formazione non è preparare ad un mestiere, ma alla vita.

Una stabilità nel tempo e una maggiore condivisione degli strumenti attraverso i quali si proceda all’assunzione di personale docente può essere di aiuto per migliorare il livello del servizio educativo.