Giovani e politiche pubbliche

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Il tema dei giovani e delle politiche pubbliche è quanto mai urgente anche alla luce dei primi fondi che arriveranno con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. L’OCSE, al suo sessantesimo anniversario proprio quest’anno, offre la possibilità di osservare e studiare questi aspetti con una prospettiva molto ampia che coinvolge molti paesi del mondo.

Pietro Gagliardi, cosa si intende per valutazione di impatto delle politiche pubbliche?*
È uno strumento di governance che la Pubblica Amministrazione può utilizzare per analizzare il potenziale impatto in vari campi di una legge prima che venga adottata. Questi strumenti possono anche essere utilizzati nello specifico per valutare l’impatto sui giovani di una legge o una riforma. Ci sono infatti vari paesi che utilizzano questi strumenti in questo senso – chiamati youth checks – come Austria, Francia, Germania e Nuova Zelanda. Le valutazioni di impatto possono anche essere utilizzate per valutare l’impatto non solo sui giovani ma su diverse generazioni. L’Olanda, ad esempio, sta lavorando alla creazione di un Generation Check.

Perché è importante una valutazione di impatto delle politiche pubbliche?
Durante la crisi COVID-19 i giovani sono stati colpiti in modo più forte rispetto ad altri gruppi della popolazione: in termini di lavoro, educazione e salute mentale, come evidenziato in un recente policy paper dell’OCSE, “Youth and COVID-19”. Queste tematiche sono state messe al centro del dibattito pubblico, sia nazionale che internazionale: la crisi può avere effetti permanenti sui giovani e sulle future generazioni. Per avere una ripresa inclusiva, è importante considerare anche la prospettiva dei giovani nel processo decisionale. Le valutazioni di impatto ex-ante possono essere utilizzate proprio in questo senso. In Canada, ad esempio, il Ministero del Tesoro ha utilizzato un framework che si chiama Gender Based Analysis Plus per valutare l’impatto del loro recovery plan su gruppi diversi della popolazione in base al genere, all’età e al reddito.

C’è una relazione con l’Agenda 2030?
Assolutamente. L’emancipazione dei giovani è strettamente legata allo sviluppo sostenibile e agli obiettivi dell’Agenda 2030, contribuendo agli obiettivi sulla parità di genere, il lavoro dignitoso e la riduzione delle disuguaglianze ad esempio. In questo contesto si inserisce anche il concetto di giustizia intergenerazionale, che guarda alle risorse finanziarie, economiche, umane e naturali che vengono lasciate ai giovani e alle future generazioni. Questo tema sta sempre di più entrando nel dibattito pubblico in Italia così come all’estero. Ad esempio, alcuni paesi hanno inserito in costituzione delle norme per la protezione delle future generazioni e dei loro diritti.

L’Italia, a che punto è e su cosa “deve crescere”?
Il divario generazionale in Italia è significativo. I dati della Fondazione Visentini evidenziano come questo sia aumentato del 27% dal 2004. Basta guardare alla disoccupazione giovanile nel nostro Paese e ad altri dati sul benessere dei giovani per notare importanti difficoltà. Strumenti di public governance possono tornare molto utili. In questo contesto, una legge quadro sulle politiche giovanili che definisca le responsabilità delle varie parti coinvolte e una strategia nazionale che abbia obiettivi, programmi e indicatori chiari. È sicuramente anche molto importante ed interessante la creazione del nuovo intergruppo parlamentare “Next Generation Italia” così come la creazione del Comitato per la Valutazione dell’Impatto Generazionale delle politiche pubbliche.
Almeno nove paesi dell’OCSE hanno creato delle istituzioni per monitorare gli impegni presi dal governo verso le nuove generazioni. In Finlandia, ad esempio, esiste un Comitato per il futuro, in Nuova Zelanda il Commissario parlamentare per l’ambiente e in Germania il Consiglio parlamentare per lo sviluppo sostenibile. Il nuovo comitato e il nuovo intergruppo sono una novità nel panorama italiano, ma anche in quello internazionale. Sarà importante che vengano muniti delle risorse e responsabilità necessarie a garantirne l’efficacia.

I giovani, quindi, come tema trasversale.
Quando si parla di giovani non ci si deve limitare alla disoccupazione, ma guardare al benessere dei giovani tra cui la loro educazione, salute fisica e mentale, la fiducia che nutrono nel governo e nelle istituzioni pubbliche e la loro partecipazione alla vita pubblica. In Germania, ad esempio, esistono commissioni interministeriali per assicurare che tutti i ministeri che abbiano competenze sui giovani possano contribuire e coordinarsi nella elaborazione, implementazione e monitoraggio di misure per i giovani.

Come l’OCSE guarda ai giovani?
Il tema dei giovani è prioritario per l’OCSE, in particolare nel contesto dell’impatto della pandemia. A novembre 2020, i Paesi membri hanno chiesto ufficialmente di aggiornare lo Youth Action Plan dell’OCSE che era stato creato dopo la crisi economica del 2008. Il nuovo Youth Action Plan è stato presentato a fine maggio al Meeting ministeriale del Consiglio dell’OCSE: include possibili politiche pubbliche che i governi possono considerare per aiutare i giovani trasversalmente su lavoro, salute, educazione, e partecipazione alla vita pubblica e politica. Recentemente l’OCSE ha anche inaugurato un Youth Advisory Board, per dare la possibilità ai giovani di portare la loro prospettiva nel lavoro dell’OCSE, e il Dipartimento dell’OCSE sulla Public Governance ha di recente aperto un secondo sondaggio dedicato alle organizzazioni giovanili per capire come stia evolvendo l’impatto del COVID-19 sui giovani e quali siano le priorità per la ripresa. Invito tutti i lettori a partecipare!

*le opinioni espresse in questa intervista sono strettamente personali e non riflettono necessariamente il punto di vista dell’OCSE e dei suoi Paesi membri.