Papua Nuova Guinea

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di Alessia Giammarco e Valentina Ochner

Introduzione generale

La Papua Nuova Guinea è uno Stato insulare dell’Oceano Pacifico. Il nome deriva dalle due macroregioni che la compongono, cioè la Papuasia e la Nuova Guinea Orientale.

I Papua che la abitano sono composti da una grande varietà di popoli e il loro nome deriva dal malese papuah che descrive la loro capigliatura cespugliosa.

Geografia

La Papua Nuova Guinea è il secondo Stato dell’Oceania per estensione e occupa una parte dell’omonima isola. La morfologia della parte orientale dell’isola è caratterizzata da coste molto frastagliate che danno poi vita ad ampie pianure. Agli estremi nord e sud invece si trovano numerose zone paludose.

Nell’entroterra sono molto frequenti i paesaggi montani, che arrivano fino ad oltre 4000 metri s.l.m.

Storia

Il territorio della Papua Nuova Guinea venne per la prima volta abitato circa 60.000 anni fa, ma esistono informazioni scritte riguardo l’isola soltanto antecedenti all’arrivo dei colonizzatori europei.

I primi ad imbattersi in questa terra furono gli spagnoli e i portoghesi, che, per la somiglianza degli abitanti con quelli della Guinea africana, affibbiarono all’isola il nome di Nuova Guinea.

Il protettorato della Nuova Guinea Britannica nacque nel 1888 nel quarto sud orientale e venne posto, amministrativamente, sotto l’autorità del Commonwealth d’Australia, che ne mantenne il controllo fino all’invasione giapponese del 1941.

Il quarto nord-orientale, invece, divenne possedimento tedesco nel 1884 anche se il governo ne assunse il controllo solo nel 1899. Nel 1914 il quarto tedesco venne occupato dalle truppe australiane che ne mantennero il controllo fino al 1921.

Dopo essere passato per l’amministrazione del Commonwealth e l’occupazione giapponese, nel 1945 Papua e Nuova Guinea vennero unite dal punto di vista amministrativo.

La piena indipendenza del Paese inizia nel 1975 dopo le prime elezioni del 1972 che lo avevano avviato verso l’autogoverno. Qui iniziano anche una serie di governi poco duraturi che proseguirono anche oltre la rivolta secessionista di Bougainville (isola della Papua Nuova Guinea) del 1989, che durante i 9 anni successivi mieterà più di 20.000 vittime.

Forma di governo

La Papua Nuova Guinea è una monarchia parlamentare al capo della quale c’è il sovrano del Regno Unito.

Cultura

A livello culturale il Paese è un crogiolo di lingue: infatti soltanto all’interno dei confini statali si concentrano il 10% di tutte le lingue del mondo, posizionandosi al secondo posto al mondo per densità linguistica. Questa grande varietà è comunque ridotta soltanto a tre lingue ufficiali, ossia l’inglese, il tok pisin e l’hiri motu. La media dei parlanti di ogni lingua si aggira intorno alle 7000 unità.

Economia

La Papua Nuova Guinea è in assoluto il Paese più povero dell’Oceania (vai al prossimo paragrafo per approfondire). Le esportazioni si concentrano principalmente nel settore minerario, dove occupa l’ottavo posto mondiale per l’estrazione dell’oro, ma è rilevante anche quello agricolo con prodotti come caffè, cacao e olio di palma.

Il problema di un’economia basata sull esportazioni minerarie è che soffre delle ampie fluttuazioni del mercato. Per questo negli ultimi anni il Paese si sta muovendo per diversificare le attività economiche, puntando molto anche sul turismo.

Top e flop dell’Agenda 2030

La Papua Nuova Guinea non ha registrato particolari successi per quanto riguarda gli obiettivi di sviluppo sostenibile, nonostante l’ultimo rapporto volontario per le Nazioni Unite abbia messo in risalto l’impegno del governo a tal proposito. Lo Stato ha speso un totale di 69.4 milioni di USD per l’implementazione degli SDGs, dividendoli in quattro aree tematiche per facilitare l’implementazione di nuovi interventi governativi in loro favore.

Top: SDG 7 – Ensure access to affordable, reliable, sustainable and modern energy for all

Nonostante una parte consistente della popolazione abbia una bassa qualità della vita, la Papua Nuova Guinea ha visto dei miglioramenti significativi nella disponibilità d’energia elettrica per uso domestico. Infatti, la popolazione avente accesso all’elettricità è passata da 8.66% nel 2000 al 58.97% nel 2018. Anche la percentuale di popolazione che ha la possibilità di cucinare con tecnologie e combustibili puliti è progressivamente aumentata, sebbene il miglioramento sia inferiore a quanto richiesto dagli obiettivi di sviluppo sostenibile: la crescita tra il 2000 e il 2016 è stata infatti pari al +6.6%, arrivando al 13.43%. 

Nonostante gli sforzi e le spese del governo, uno dei problemi principali risiede nel fatto che la distribuzione della popolazione sul territorio non facilita l’allargamento dei servizi energetici in tempi rapidi. Infatti, l’85% dei cittadini risiede in zone rurali difficilmente  inserite nella rete stradale e dei servizi base alla persona. Pertanto, lo Stato ha individuato come criticità non solo la difficoltà nel pagare le bollette causata dallo stato di povertà in cui versa una parte considerevole della popolazione, ma anche la mancanza di collegamenti alla rete elettrica da parte di molte comunità rurali.

Top/Flop: SDG 13 – Take urgent action to combat climate change and its impacts

Come molti Paesi in via di sviluppo, anche la Papua Nuova Guinea riesce con facilità a mantenersi vicina agli obiettivi che l’Agenda 2030 ha posto per rallentare il cambiamento climatico. Nonostante ciò sia un dato positivo, bisogna tuttavia considerare il reale trend nelle principali attività che producono emissioni di anidride carbonica. 

Innanzitutto, per quanto siano considerate entro il range previsto, le emissioni di anidride carbonica prodotte dalla combustione di carburanti fossili e dalla produzione di cemento sono recentemente aumentate, passando dallo 0.46  alle 0.81 tonnellate pro capite negli ultimi vent’anni. Anche le emissioni di anidride carbonica utilizzate per i beni e i servizi d’importazione sono aumentate considerevolmente tra il 2000 (0.06 tonnellate pro capite) e il 2015 (0.15 tonnellate pro capite). Bisogna inoltre tenere conto che questi aumenti, in special modo quando registrati in un Paese in via di sviluppo, sono spesso legati alla crescita economica e all’aumento della produzione.

Flop: SDG 1 – End poverty in all its forms everywhere

La Papua Nuova Guinea registra livelli di povertà ancora troppo alti per essere considerati accettabili dal Sustainable Development Report, sintomo dell’esistenza di importanti sfide non ancora affrontate. Per quanto riguarda la percentuale di popolazione che vive con meno di 1.90$ al giorno, la Papua Nuova Guinea ha dapprima vissuto un rapido miglioramento, passando dal 38.86% del 2011 al 28.41% del 2017, ma successivamente il trend è rimasto stazionario, posizionandosi a 30.48% nel 2021. 

La situazione nazionale non cambia se si prende in considerazione il tasso di popolazione che vive con meno di 3.20$ al giorno. Anche in questo caso c’è stato un leggero miglioramento nonostante un andamento quasi stazionario negli ultimi anni, passando dal 63.58% del 2010 al 54.26% registrato nel 2021. 

Questi dati fanno della Papua Nuova Guinea uno dei Paesi più poveri del Pacifico e contribuiscono al peggioramento della qualità della vita di una parte considerevole della popolazione. Infatti, se si considere l’indice di povertà multidimensionale – ossia una misurazione che tiene conto non solo della disponibilità economica di uno Stato, ma anche di altri indicatori della qualità della vita, quali ad esempio la performance sanitaria ed educativa -, l’82.1% della popolazione è risultato essere povero alla luce dell’ultimo rapporto della Banca Mondiale.

https://databank.worldbank.org/data/download/poverty/33EF03BB-9722-4AE2-ABC7-AA2972D68AFE/Global_POVEQ_PNG.pdf