Università e ambiente. Quando il contrasto ai cambiamenti climatici parte dalla lotta al sistema

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Tra le realtà studentesche negli ultimi anni si sta facendo largo il Fronte della Gioventù Comunista, sia a livello liceale che universitario, mirando quindi alla ricostruzione di un’organizzazione giovanile di massa basata su una condivisione politica. A quasi otto anni dalla sua nascita il FGC può contare su una radicalizzazione progressiva in tutto il Paese, crescita che ha consentito anche la candidatura per la prima volta alle elezioni del Consiglio Nazionale Studentesco Universitario, tenutesi nel maggio del 2019. 

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Tra le varie lotte portate avanti dal FGC non poteva mancare quella al cambiamento climatico. Proprio su questo argomento abbiamo intervistato Ivan Boine, segretario provinciale del Fronte della Gioventù Comunista a Torino. 

Cos’è il FGC e quali sono gli obiettivi di questa organizzazione? 

Il Fronte della Gioventù Comunista è un’organizzazione di giovani lavoratori, studenti, giovani disoccupati. Siamo nati nel 2012 con l’obiettivo dichiarato di voler costruire una società socialista, un processo rivoluzionario. Negli anni abbiamo strutturato un grande intervento tra gli studenti: dietro la parola d’ordine della lotta contro la scuola di classe siamo stati i primi a denunciare come l’alternanza scuola-lavoro si sarebbe tradotta nello sfruttamento degli studenti da parte di aziende private. Questa linea ci ha visti alla testa della mobilitazione nazionale del 22 febbraio 2019, e tutt’ora ci ha portati ad ottenere la presidenza di 7 consulte provinciali. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato un’azione contro l’università-azienda che ha colpito duramente il diritto allo studio degli studenti provenienti dalle classi popolari. 

Perché hai deciso di aderire e perché uno studente universitario dovrebbe impegnarsi nella militanza nel FGC? 

Sono entrato a far parte del FGC ai tempi del liceo, allora il principale motivo per cui feci tale scelta fu la volontà di cambiare questa società profondamente ingiusta, di essere io in prima persona a impegnarmi per cambiarla, senza aspettare che qualcuno lo facesse per me. Ritengo che uno studente universitario si dovrebbe unire al FGC per due ragioni. Da una parte per le lotte che portiamo avanti circa il diritto allo studio, per il trasporto pubblico gratuito, per la fine dell’autonomia finanziaria degli atenei, dall’altra perché riconosciamo che lottare per un’università pubblica gratuita, di qualità, accessibile a tutti voglia dire lottare per rovesciare il sistema economico di cui l’attuale modello di università è un prodotto. 

La federazione di cui sei segretario è quella di Torino, dove il movimento Fridays for Future ha avuto fin da subito numerose adesioni tra le realtà studentesche. Sono infatti oltre 50 i presidi organizzati in città dal lancio degli “scioperi globali” da parte di Greta Thunberg che ha inoltre scelto il capoluogo piemontese lo scorso 13 dicembre per fare il suo appello anche in Italia. Qual è la vostra posizione in merito? 

La crescente preoccupazione per i cambiamenti climatici e il manifestare in difesa dell’ambiente sono elementi totalmente positivi. Tuttavia rispetto al fenomeno Fridays for Future abbiamo da subito avuto una posizione critica e abbiamo fin da subito avuto dei dubbi sulla sovraesposizione mediatica che hanno avuto sia Greta Thunberg – come volto del movimento – sia le diverse manifestazioni. Voglio essere chiaro, non sposiamo alcuna tesi complottista, ma in maniera legittima ci chiediamo a chi siano utili tali piazze e chi potrebbe strumentalizzare la sana preoccupazione di decine di migliaia di ragazzi e ragazze. In questi mesi abbiamo visto come la rivendicazione massima del movimento sia il rispetto degli Accordi di Parigi sul clima del 2015: una rivendicazione del tutto insufficiente, che porta i vari presidi a richiedere dichiarazioni di “emergenza climatica” da parte delle istituzioni e nulla più. Senza delle rivendicazioni chiare e senza la strutturazione di questo movimento d’opinione, i colossi della green economy hanno carta bianca per volgere a loro favore questo fenomeno. Inoltre, troppo spesso nei Fridays for Future si è posto l’accento su una presunta “responsabilità collettiva” circa i cambiamenti climatici che rigettiamo totalmente: se nel mondo 100 grandi aziende producono il 71% delle emissioni di CO2, le responsabilità dei cambiamenti climatici sono da additarsi al sistema produttivo e non ai singoli. 

Qual è la proposta del FGC per contrastare i cambiamenti climatici? 

Come FGC riteniamo che la lotta per l’ambiente, la lotta contro i cambiamenti climatici sia la lotta contro il capitalismo. Non vuole essere un mero slogan. Oggi le risorse mondiali appartengono a multinazionali, a colossi di settori che vanno dall’agroalimentare all’energetico, e queste risorse vengono sfruttate per il profitto privato, mentre il diritto alla salute viene calpestato e non c’è alcuna cura dell’impatto ambientale. Solamente i lavoratori e le classi popolari possono portare avanti la lotta a difesa dell’ambiente: la storia lo dimostra ampiamente, dalla Valsusa all’Ilva di Taranto, fino alle grandi lotte contadine in America latina. Solamente con una gestione collettiva del sistema produttivo le grandi masse potranno riportare al centro della politica il benessere collettivo. Questa è la lotta del nostro tempo e vale più di ogni campagna per il plastic-free, vale più di ogni blocco del traffico. La classe lavoratrice è l’unico soggetto che può concretamente e coerentemente tenere alta la bandiera della lotta per l’ambiente. 

Come state applicando la vostra prospettiva e come agite sul fronte delle battaglie ambientaliste? 

Come ho già detto, per noi lottare in difesa dell’ambiente vuol dire lottare contro l’attuale sistema. A Taranto stiamo portando avanti una grande campagna con parole d’ordine chiare: il futuro della città e dell’ex-Ilva deve essere deciso solamente dagli operai e dai lavoratori tarantini, non dai padroni o dalle istituzioni che li rappresentano. Cerchiamo di far sì che la lotta ambientalista assuma posizioni e rivendicazioni più avanzate, assuma una struttura che la tuteli da condizionamenti esterni. Vediamo oggi partiti green o che si autodefiniscono ambientalisti applaudire ai cortei dei Fridays for Future per poi approvare ogni opera di devastazione ambientale: Alta Velocità, TAP, Muos, ex-Ilva. Bisogna rompere con queste organizzazioni e portare avanti l’unica lotta che può tutelare davvero l’ambiente: la lotta contro il capitalismo.