“La mia Giornata mondiale della Gioventù”

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Dal 01 al 06 Agosto ho avuto modo di trascorrere una piacevole settimana in compagnia di un milione e cinquecentomila giovani a Lisbona, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù.

La Giornata Mondiale della Gioventù non è solamente un incontro enorme aperto, organizzato e coordinato seguendo principi di fede. Questo incontro vuole essere e deve essere un momento di collegialità dove, come in una orchestra, le tante voci che la compongono si fanno una sotto lo sguardo autorevole del direttore.

Ecco perché vale la pena scrivere e parlarne. Se fosse solo un momento riservato ai soliti noti, a persone che hanno delle caratteristiche in comune, allora certo lo spazio di Change the Future non sarebbe idoneo a parlare di un evento esclusivo e non inclusivo.

Grazie al lavoro organizzato dal Dicastero per la Famiglia, i Laici e la Vita possiamo affermare con certezza che la recente GMG di Lisbona ha toccato nel segno in modo autenticamente universale.

Quando sono arrivato nel quartiere di Cacém, dove sarei stato ospite, mi sono subito accorto di come la periferia sia un luogo da accompagnare e rivoluzionare positivamente perché tutti hanno il diritto a vivere in sicurezza, serenità e con pace sociale.

Cacém è un luogo difficile da vivere. Dove il degrado è all’ordine del giorno e le catene di fast food sono le uniche (poche, ingiuste e insufficienti) possibilità occupazionali per i cittadini che lì vivono.

I miei amici di avventura (altri 40 ragazzi meravigliosi di età compresa fra i 17 e i 30 anni) ed io siamo stati destinati al palazzetto dello sport. Un ambiente grande e abbastanza accogliente.

Le prime giornate di ogni GMG vengono dedicate, per tradizione, alla visita e alla conoscenza del luogo ospitante l’evento.

Entrare nel luogo che è cornice di un grande ritrovo è importante ed è il primo passo per scoprire il mondo con sguardo interculturale.

La splendida città di Lisbona ci ha lasciati strabiliati: il centro storico, la Cattedrale, Praca do Commercio, la Torre del Belém e il Monastero dos Jeronimos sono sono alcuni degli ambienti che raccontano la storia di un Paese moderno con grande vocazione al dialogo e allo studio.

L’Università di Lisbona sta, infatti, investendo molto per accogliere sempre un maggior numero di studenti provenienti da tutta l’Unione Europea, per concentrare ”giovani cervelli” interessati ad occupare un periodo di tempo medio o lungo in questo Paese che – per tutti noi europei – ha un ruolo di preminente importanza.

Nel già citato Monastero dos Jeronimos (nato per celebrare la scoperta della rotta per l’India da parte di Vasco da Gama) è stato firmato il Trattato che ha dato io nome attuale alla nostra Unione Europea. Un nome che non è solo forma ma vuole essere sostanza.

“Uniti nella diversità” risulta essere il motto che più si presta ad essere un progetto politico per tutti coloro i quali vivono in questa area del Mondo.

La voglia di essere uniti deve quindi esserci soprattutto fra noi giovani che, dopo due giorni di permanenza, abbiamo ricevuto l’invito a spostarci al Paseio Maritimo di Algés per la tanto attesa Festa degli Italiani. Stare uniti con tutta la comunità giovanile presuppone, importante non dimenticarlo, di avere ben chiari i propri pilastri culturali e storici che ci identificano come popolo, in tal caso italiano.

L’identificazione in particolari caratteristiche culturali che fanno il nostro essere parte di una comunità nazionale sono importantissime nella misura in cui ci rendiamo disponibili a condividerle con gli altri in un’ottica di autentico interessamento verso l’umanità intesa come grande famiglia ( tutta “Sotto la stessa luce, sotto la stessa croce”).

La Festa degli Italiani presenti alla GMG prevedeva la partecipazione di circa sessantacinquemila ragazzi.

Siamo rimasti particolarmente colpiti dal messaggio inaugurale del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

“Ho grande fiducia nei giovani, sono convinto che abbiano la sensibilità per capire che c’è qualcosa da costruire e scoprire. Quando siamo all’estero ci incontriamo con i nostri connazionali con grande gioia, incontriamo persone di altre provenienze e siamo interessati a scambiare reciproche esperienze dall’alimentazione ai libri, dalla cultura allo sport. Forse dovremmo pensare, quando siamo in casa, a non farci imprigionare dalle abitudini e dalle consuetudini. Non perché non abbiano valore le tradizioni ma perché quello che c’è al di fuori è un valore che va sempre raccolto.

La diffidenza verso chi arriva da fuori è l’errore, contro la civiltà, più grande che si possa fare. Per un Paese come il nostro, che è frutto nel corso dei secoli di immigrazioni costanti, è interessante guardare a questa Giornata mondiale della gioventù. Arriverà da tutti i giovani a Lisbona un messaggio di apertura, condivisione, di fiducia in un futuro comune. Per questo vi faccio molti auguri. È un piacere pensare a Casa Italia con la nostra bandiera e la vostra presenza aperta agli altri”.

Un altro personaggio particolarmente potente che in quella serata ci ha donato, come se fosse un testimone, il messaggio della responsabilità verso le future generazioni è stato don Luigi Ciotti. Un uomo che ha donato la sua esistenza per gli altri, prima con il Gruppo Abele e poi con Libera.

Poter trascrivere il discorso di Ciotti sarebbe molto lungo. Colpisce sempre la grande potenza con la quale recita i suoi discorsi, il profondo senso etico e l’amore spassionato verso l’interlocutore.

Mi piace tuttavia ricordare un passaggio:

Diffidate giovani di chi parla di voi senza parlare con voi.

Imparare a distinguere i veri maestri dai falsi profeti interessati a fare della nostra vita una realizzazione personale, un sostentamento sicuro o una vana gloria è un pericolo che ci deve far stare allerta.

Ricordo con simpatia quando a Ottobre, in occasione di un convegno organizzato a Palermo, Ciotti richiamò l’attenzione di tutti i partecipanti alla minima distrazione. Come a dire “attenzione, siamo insieme per ascoltarci reciprocamente”.

In quel momento mi trovavo seduto a fianco al mio amico Matteo al quale avevo chiesto sottovoce che ore fossero. Don Luigi Ciotti si accorse e fermò l’assemblea per richiamare la mia attenzione. Dire che diventai paonazzo dall’imbarazzo è un eufemismo.

Don Ciotti è così. Don Ciotti è la potenza che urla ad alta voce l’amore per la vita e con la vita.

A 78 anni non è facile correre in giro per il mondo con un sistema di protezione di massimo livello, a causa delle minacce del Crimine organizzato. Eppure lui continua, con coraggio. Per noi ragazzi è un esempio di come la determinazione sia vincente.

La stessa determinazione del nostro Presidente della Repubblica che per ragioni assolutamente personali, oltre che per sensibilità istituzionale, sa bene cosa significa la parola criminalità organizzata.

La GMG nei giorni a seguire è proseguita in tanti momenti: catechesi, eventi, dialogo coi giovani di altri Paesi e tanto divertimento serale.

Ad ogni modo, se dovessi mettere al centro il momento che più mi ha emozionato direi che è stata la notte passata al Campo de Graca.

Uno spazio enorme, lungo un’autostrada, tutti per terra con sacchi a pelo su un terreno pieno di polvere che con il forte vento oceanico finiva in ogni dove.

Per prepararmi meglio alla comoda notte mi sono dunque trasferito nel marciapiede di un ponte, a pochi metri dal fiume che passava serenamente.

La vista sulle ruote dei camion non era certi edificante ma, alla sera, verso le nove, una voce ha fermato tutte le nostre voci.

Si trattava di Jorge Mario Bergoglio, Papa Francesco che con la sua amabilità ci ha ammaliato tutti dandoci parole di serenità e conforto.

 Voi credete che una persona che cade, nella vita, che ha un fallimento, che anche commette errori gravi, forti, che la sua vita sia finita? No! Che cosa bisogna fare? Alzarsi! E c’è una cosa molto bella che oggi vorrei lasciarvi come ricordo. Gli alpini, ai quali piace scalare le montagne, hanno un canto molto bello che dice così: “Nell’arte di salire – sulla montagna –, quello che conta non è non cadere, ma non rimanere caduto”. È bello!

In un tempo dove raggiungere ogni obiettivo ad ogni costo è il fine ultimo di ogni azione, dove purtroppo molti giovani si tolgono la vita per la paura del giudizio (talvolta la lingua ferisce di più della spada) cruento di altri Papa Francesco con le sue parole ha come dichiarato ufficialmente che, in realtà, la nostra esistenza è troppo preziosa per essere racchiusa in successi e/o fallimenti.

La vita sia un’opera di gioia e impegno, spesso faticoso, con tristezze personali. Ma mai a condannare il prossimo definitivamente per metterlo in croce e non aiutarlo a rialzarsi.

Specialmente dopo la crisi pandemica moltissimi adolescenti vivono disagi, attacchi di panico, insicurezze e scarsa autostima. Possa questa consapevolezza diffusa farci capire che costruire una società umana e vicina alle normali fragilità di ciascuno è possibile – prime che assoldare specialisti – trasformando il nostro agire quotidiano facendo al prossimo “ciò che vorresti venisse fatto a te”. E questa non è dottrina cattolica. Questo è un principio di umanesimo nel quale trova fondamento anche nella nostra Costituzione.

Continua il Papa:

Chi rimane caduto è già “andato in pensione” dalla vita, ha chiuso, ha chiuso alla speranza, ha chiuso ai desideri e rimane a terra. E quando vediamo qualcuno, un nostro amico che è caduto, cosa dobbiamo fare? Sollevarlo. Fate caso a quando uno deve sollevare o devi aiutare una persona a sollevarsi, che gesto fa? Lo guarda dall’alto in basso. L’unica occasione, l’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto in basso, ed è per aiutarla a rialzarsi.

La Giornata Mondiale della Gioventù è proprio questo: un gruppo di giovani che si capisce e si comprende, con uno sguardo aperto verso il futuro.