Elettrosmog, radiofrequenze e un po’ di 5G: facciamo chiarezza

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Soprattutto ultimamente, vista l’importanza che le telecomunicazioni hanno assunto in questo particolare momento storico, si è tornato a parlare di elettrosmog e dei possibili danni che il vivere immersi nelle radiofrequenze potrebbe provocare. Si tratta di argomenti un po’ complessi per chi non è del mestiere, nondimeno importanti per una visione più completa della realtà in cui viviamo e per non promuovere la diffusione di informazioni fuorvianti che, purtroppo, sono bravissime a farsi alimentare da paura e ignoranza.

Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza con Marco Coletti, fisico e co-fondatore del canale YouTube di divulgazione scientifica “La Fisica Che Non Ti Aspetti”.

Nel vostro canale YouTube sono presenti due video a tema 5G. Posso chiederti a che titolo vi esponete sull’argomento?

Noi non ci esponiamo a qualche titolo specifico: nella realizzazione dei nostri contenuti ci atteniamo sempre alle fonti esistenti, che possono essere sia fonti ufficiali che collaborazioni dirette con esperti del settore. Ad esempio, proprio per i video sul 5G, abbiamo ottenuto la collaborazione con un ingegnere tecnico che si occupa della progettazione delle linee e delle infrastrutture per le telecomunicazioni. Quando non conosciamo un argomento intimamente, andiamo a chiedere a chi lo conosce meglio di noi

Cosa si intende quando si parla di “elettrosmog”?

Questa è una bella domanda perché – ufficialmente parlando – non esiste nulla classificato come elettrosmog. Comunemente invece quando parliamo di elettrosmog ci riferiamo a una forma di inquinamento causata da una presenza eccessiva di onde elettromagnetiche nello spazio. Dico “eccessiva” perché le onde elettromagnetiche sono un concetto così esteso che è impossibile pensare ad un ambiente che ne sia privo. Molto banalmente: sulla Terra abbiamo la luce (del Sole, delle lampadine, qualsiasi tipo di luce)? Ecco, quella è radiazione elettromagnetica. Noi stessi – come organismi biologici – produciamo radiazioni infrarosse!
Oltre alle radiazioni già presenti in natura ci sono poi le radiofrequenze, ovvero le radiazioni caratterizzate da quell’intervallo di frequenze (tra i 100MHz e i 300GHz) che viene impiegato per le attività umane, come possono essere le radiocomunicazioni o il forno a microonde. Con elettrosmog generalmente si vuole indicare una presenza eccessiva di queste onde nello spazio – quelle generate artificialmente, ma bisogna ricordare che sono onde comunque presenti.Quello che si può fare – e che infatti si fa – è regolamentare la produzione delle onde prodotte artificialmente per impedire che non generino un surriscaldamento tale da danneggiare gli organismi biologici: esistono dei limiti di legge all’intensità del campo elettromagnetico che le antenne possono produrre.
Al fine di stabilire tali limiti esistono enti come l’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione da Radiazioni Non Ionizzanti) che consigliano dei valori-limite per l’intensità dei campi elettromagnetici prodotti dalle antenne in cui noi esseri viventi possiamo stare senza subire danni. Queste indicazioni vengono poi recepite sia a livello sovranazionale che nazionale per definire i limiti di legge. L’Italia in particolare risulta essere uno dei Paesi più “conservatori” al mondo: l’ICNIRP suggerisce di non superare i 61 Volt/metro, nei centri abitati italiani il limite massimo è di 6 Volt/metro.

Abbiamo parlato di microonde e di modem WiFi, che sono radiazioni diverse di simile frequenza. Come possiamo essere sicuri che le onde del WiFi non ci “cuociano il cervello”?

Ora ti dico una cosa che però contestualizzo subito: il modem potrebbe cuocere il cervello. Potrebbe nel senso che questo è l’unico effetto che tutte le onde che noi produciamo artificialmente per le telecomunicazioni e il microonde hanno sulla materia: quello di scaldarla. Diversamente da quelle ionizzanti che interagiscono con il nostro materiale genetico (che sono ad esempio quelle del nucleare, ma non vengono assolutamente impiegate nelle telecomunicazioni).

Importante: il tipo di interazione che l’onda ha sulla materia dipende dalla sua frequenza, mentre l’intensità di questo effetto dipende dall’intensità del campo(in Volt/m, che è regolata dai limiti di cui abbiamo parlato prima). La potenza della radiazione è direttamente legata alla sua intensità.

Il forno a microonde lavora a una frequenza che interagisce bene con le molecole d’acqua, che agitandosi si scaldano e di conseguenza scaldano il cibo. Questo effetto però dipende da due fattori che non possono essere presi singolarmente: da una parte c’è l’energia che la singola particella di radiazione trasporta (e quella dipende dalla sua frequenza) e dall’altra dalla sua potenza (cioè dal numero di particelle emesse al secondo), che è quello che ci interessa e regolamentiamo. Nel momento in cui le microonde del modem interagiscono con le molecole cerebrali queste naturalmente provocano un surriscaldamento. La domanda è: quanto intenso sarà questo surriscaldamento? E questo dipende dalla potenza emessa. Un modem emette molto molto molto poco.
Quindi sì, c’è un surriscaldamento. A quanto ammonta? È così basso che non riusciremmo a distinguerlo dalle normali fluttuazioni della temperatura corporea. Ciò che è quindi fondamentale – ed è per questo che esistono i limiti – è che questo aumento di temperatura rimanga contenuto e che non superi determinati valori. Da studi che vanno avanti da ormai più di trent’anni sappiamo che se l’aumento di temperatura (anche prolungato nel tempo) è inferiore ad 1 grado centigrado – il limite reale naturalmente è più alto, ma per il principio di precauzione si indica 1 grado – questo non provoca alcun tipo di danno negli organismi biologici perché rientra nelle normali fluttuazioni di temperatura di una persona sana.

Il 5G si inserirebbe nelle legislazioni vigenti. Cosa ha di nuovo? Perché è così temuto da molti?

Il 5G userà tre frequenze, due delle quali sono già impiegate nelle telecomunicazioni. Quello che secondo me più preoccupa è il fatto che questa terza frequenza (26GHz) richiederà l’implemento di molte più antenne molto più vicine tra di loro. La preoccupazione però è immotivata perché appunto si inserirebbero all’interno della normativa e quindi non si avrebbe l’esposizione ad un campo più intenso di quello attuale. Le antenne necessiterebbero una maggiore vicinanza perché avendo una frequenza un po’ più elevata vengono maggiormente schermate dall’aria.
C’è anche la questione degli alberi: possono risultare ostacoli rispetto alla propagazione delle onde e questo richiederà da parte dei gestori l’implemento delle varie antenne in maniera tale da aggirare gli ostacoli, eventualmente – ma questo è un aspetto positivo – diventerebbe necessario che gli alberi siano periodicamente potati per non diventare intralcio. Questa operazione, comunque, sarebbe necessaria soltanto per la frequenza da 26GHz che verrà implementata soltanto in punti strategici o in città ad altissimo tasso abitativo, quindi non verrebbero assolutamente danneggiati i boschi.