I colori di Certosa. Storie di quartiere e arte urbana a Genova

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“[…] Il tema dato dai curatori del progetto agli artisti era questo: la gioia. Non doveva esserci nessun riferimento al ponte, perché si voleva proporre qualcosa di nuovo, qualcosa di vivo, qualcosa che andasse avanti. Ed è stato grandioso, sono venuti fuori i colori! Come sempre, comunque, e cioè come tutte le cose che si sviluppano insieme tra persone e che quindi si evolvono, la presenza del ponte e della tragedia vissuta dal quartiere è in qualche modo venuta fuori. È venuta fuori ed è presente in ognuna e in tutte le opere degli artisti. Questo perché la relazione tra gli artisti e il quartiere, tra gli artisti e gli abitanti del quartiere era sempre una relazione viva, costruttiva, sentita. E naturalmente a Certosa si sentiva molto forte l’esigenza di raccontare il ponte. L’arte urbana che si è “scritta” su queste facciate racconta la gioia di essere comunità e di essere insieme, e lo fa con eccezionale accortezza: senza dimenticare il ponte, per ripartire insieme con consapevolezza, coraggio e – ma cosa lo dico a fare? – tanta gioia”.

[…] Questo murales ha lo sguardo rivolto verso il ponte. È Paolo Villaggio, attore e comico genovese, nella sua versione più conosciuta: Fantozzi. È Fantozzi che guarda il ponte, e lo guarda con un’espressione assolutamente non casuale, accorta, scelta. Lo sguardo di Fantozzi è fermo, seppure impotente e leggermente perso, spaesato. È lo sguardo dell’italiano “medio”, di noi tutti italiani: impotente, forse spaesato, ma fermo. È – prima ancora di essere Certosa, Genova o l’Italia – il cittadino che resta fermo, e guarda. È tutti noi che per un attimo ci fermiamo, e poi ci rialziamo insieme. È Fantozzi e, se lo si guarda con attenzione, ha un’aureola intorno alla testa”.

[…] Non tutti conoscevano “Amore e Psiche” di Canova. Adesso sì. Con molto orgoglio una signora che abita qua vicino informava tutti sull’origine della rappresentazione: «Questo è Canova!». Siamo davanti alla fermata della metropolitana di Brin. L’artista Ozmo ha scelto di coprire il bacio – non abbiamo modo di sapere con certezza il motivo – e ci resta così questa immagine immensa di un abbraccio. È un abbraccio a Certosa che lentamente e con delicatezza si rialza”.

“[…] L’artista aveva un suo progetto completo, poi è arrivato qui e il progetto iniziale è statostravolto: è uno dei preferiti degli abitanti del quartiere perché ci sono proprio le persone che l’artista incontrava e vedeva, con cui parlava: c’è il cagnolino Zelda, Camogli… Poi se qualcuno voleva sapere di più, Geometric Bang spiegava. Pensava che questo sarebbe stato il suo ultimo progetto di Street Art, ma dopo aver lavorato qui ha cambiato idea”.

“[…] Anche i ragazzini che partecipavano come volontari hanno avuto il loro spazio, con il permesso dei proprietari delle saracinesche e l’aiuto degli artisti. Non so, a me piace Caparezza! E va bene, facciamo Caparezza. E c’è la saracinesca con Caparezza. Questa è Certosa”.

È così che la visita guidata introduce al quartiere Certosa di Genova.

Siamo nel quartiere Certosa di Genova. Un quartiere dalle origini antiche: si chiama così perché qui sorge un monastero certosino del XIII secolo che ha a lungo caratterizzato la zona, in particolar modo nel XVI secolo, quando il quartiere conoscerà il suo periodo più florido e si popolerà di numerose ville di importanti famiglie genovesi. Dalla seconda metà del XXI secolo, poi, Genova diventerà parte del triangolo industriale e si avvierà un lungo percorso di industrializzazione cheattraverserà profondamente il quartiere di Certosa. Nel lungo periodo – fino a oggi – si è trasformato in una zona più popolare, considerata “periferica” e di difficile collegamento con il centro urbano della città di Genova. Questo collegamento difficile verrà poi coperto nel 2012 con l’instaurazione della fermata metropolitana di Brin, che oggi consente, in pochi minuti, il collegamento diretto con il centro.

Ciò che rende molto speciale il quartiere di Certosa, forse favorito da questa distanza dal centro, è il profondo senso di comunità che si respira per le strade. L’essenza di un quartiere è illegame unico che si instaura, nel corso del tempo, tra le persone e lo spazio in cui vivono. È un legame vivo e unico che necessita diattenzione e cura.

Ma perché si parla di Certosa? È una delle zone che ha subito più profondamente le gravi conseguenze del crollo del ponte Morandi, che – salvo per il recente collegamento garantito dalla metropolitana – ha a tutti gli effetti “tagliato fuori” il quartiere dalla città. Stravolgendo la sua vita, poiché si affaccia sul ponte. Le conseguenze sono state economiche, vista la chiusura di numerosi negozi e attività e inevitabilmente sociali.

Come si restituisce vita ad un quartiere? Uno dei primi passi che sono stati mossi verso Certosa è il progetto “On the Wall” ideato dall’associazione LinkinArt, patrocinato dal Comune di Genova e sponsorizzato da Enel, Iren, Slam, Fiumara, Loxam Nacanco, Tassani Colori e Macciò Auto. Gli sponsor hanno coperto interamente le spese del progetto: è singolare notare che questo aspetto ha interessato molto gli abitanti del quartiere, che inizialmente erano diffidenti verso il progetto perché temevano che fondi pubblici potessero essere “sprecati” per la realizzazione dell’opera. L’attività ha coinvolto nomi di primo piano della scena artistica internazionale, storici protagonisti dell’arte urbana italiana, giovani talenti già affermati. Ma non solo: nel piano sono stati coinvolti anche artisti genovesi: Christian Blef, Drina A12 & Giuliogol e Tiler. I curatori hanno scelto gli artisti in maniera tale da coadiuvare e congiungere stili di Arte Urbana spesso tra loro molto distanti, per creare un percorso totale, che desse voce e respiro alle più varie e personali interpretazioni artistiche di un luogo.

A evidenziarela radice più intima di tutta la realizzazione di questo museo a cielo aperto, oltre ai nomi e alla scelta degli artisti, è la natura della relazione che si è creata ed evoluta tra gli artisti e le persone che abitano il quartiere, tra gli artisti e le case, le strade, gli edifici. Quello tra lo spazio, l’arte e le persone è stato un processo di creazione ed evoluzione continua: nel mese di realizzazione delle opere, dal 13 luglio al 14 agosto 2019, gli artisti hanno vissuto il quartiere insieme ai sui abitanti, tra chi preparava qualcosa da mangiare, chi prestava attrezzi, chi partecipava attivamente all’opera, chi si limitava a osservare da lontano, chi temeva un esito insoddisfacente e chi credeva in una ripartenza nuova. Il rapporto ha creato coesione e unità tra il quartiere, gli artisti e tutti coloro che hanno creduto nel progetto.

È un passo importante che dà l’indirizzo e la strada per farne molti altri: a partire da un’idea. “Coloriamo le facciate di Certosa”, alla voglia di partecipare, all’attenzione degli artisti e alla forza dei cittadini, dalla realizzazione delle opere all’inaugurazione di una linea di visite guidate per il quartiere. Una rete di umanità e coesione che passa per l’umano e per l’arte.