La convivenza difficile tra quarantena e disturbi alimentari

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Ad un mese dall’inizio della quarantena – che sembra protrarsi all’infinito verso una data di scadenza vaga e sfuggente – emergono sempre più prepotentemente le inevitabili conseguenze psicologiche. Quella che stiamo fronteggiando, è bene chiarirlo, non è una guerra (la guerra è un’altra cosa!), ma l’immobilità forzata, se non per pochi fortunati, non è nemmeno una vacanza. Questa può assumere toni drammatici se si considerano le persone più fragili, chi è oggetto di violenze (non solo fisiche) da parte del proprio partner, chi il lavoro non lo aveva o lo ha perso e quindi non sa come potrà andare avanti, chi stava lottando contro un disturbo della psiche. 

Anche queste sono resistenze difficili. I mostri che tormentano la mente non conoscono tregue.

Abbiamo intervistato Nicole, una ragazza genovese che gestisce su Instagram un profilo (@nicole.foodblog) in cui ha documentato il suo percorso di rinascita dall’anoressia e attualmente sostiene e aiuta tutte le ragazze che lo stanno intraprendendo. 

Stare chiusi in casa è problematico per tutti, ma in particolare lo è per chi soffre di un disturbo alimentare. Ci puoi spiegare perché?

È difficile per tutti perché siamo abituati a mantenere uno stile di vita attivo, restare a casa tutto il giorno è complicato per chiunque. 

Quando una persona soffre di disturbi alimentari inizia ad avere delle ossessioni, e una di queste è l’iperattività: muoversi moltissimo per bruciare più calorie possibile. Perché tutto gira intorno alle calorie: si mangia (poco) e tutto quello che si mangia lo si vuole bruciare. Io nel mio periodo più complicato dopo aver finito un pasto andavo sempre a camminare o comunque uscivo con qualche pretesto – tipo fare la spesa o fare una passeggiata perché c’era il sole – e camminavo per chilometri, facevo il giro del quartiere per strade ogni volta diverse, caricandomi con la spesa per bruciare più calorie. Cercavo di portarmi allo sfinimento. Ricordo che quando anche per un solo giorno non potevo uscire – magari perché i miei genitori mi controllavano oppure perché era brutto tempo – io impazzivo, pensavo continuamente alle calorie che non ero riuscita a bruciare. In qualche modo cercavo di fare, però stare a casa è veramente difficile, perché oltre a non poter bruciare quelle calorie i pensieri ti riempiono la testa e quindi non fai altro che pensare 24h su 24 alla malattia. 

Tu hai modo di essere in contatto con molte ragazze che convivono con questa malattia. Come la stanno vivendo?

Questo è un periodo parecchio complicato per le ragazze che soffrono ancora della malattia e io le posso capire perfettamente, come ti dicevo, perché ci sono passata. Stare a casa con un disturbo alimentare è veramente orribile. 

Poi sì, avendo un profilo Instagram – anche se non lo uso più come prima – sono sempre disponibile per tutte quelle ragazze che hanno bisogno di me e mi scrivono per dei consigli o per un aiuto. Molte di loro non se la stanno passando bene, mi chiedono come fare per tenere a bada l’iperattività, perché anche se non possono uscire trovano ogni singolo modo per bruciare calorie, come camminare per casa avanti e indietro (cosa che facevo anch’io), fare le faccende di casa a ritmi molto elevati, chi ha attrezzi in casa come il tapis roulant o la cyclette li utilizza quasi tutto il giorno… Mi chiedono aiuto e io cerco di dare qualche consiglio, di muoversi sì un pochino ma senza esagerare, fare quel po’ di movimento sano e poi far passare il tempo leggendo, giocando in famiglia ai giochi da tavolo, disegnando, dipingendo, scrivendo. È complesso. Cerco di aiutare dando tutto il mio supporto.

La possibilità di confrontarsi con qualcuno, come possono fare con te, le aiuta?

Sì, le ragazze si fidano molto di me, mi scrivono davvero in tantissime. Io cerco di dare i consigli migliori per poter far passare questo periodo nel migliore dei modi. Penso che le aiuti molto perché mi ringraziano e questo per me è la cosa più bella, avere un riscontro positivo; mi sento davvero felice e onorata quando qualcuna di loro mi scrive, cose magari anche semplici come “grazie davvero”, “mi ha aiutata tantissimo”,  “grazie al tuo consiglio adesso sto vivendo meglio”, – ma anche cose importanti, “per me sei un grande esempio”, “grazie a te sono riuscita a mangiare questo cibo che mi spaventava e voglio dedicarti la mia vittoria”, “mi hai salvato la vita”, “mi dai sempre forza con le tue parole”. Questa è la cosa più bella che potessi mai ricevere perché riesco nel mio piccolo a fare grandi cose per queste ragazze. 

Cosa consigli loro di fare per sopportare questa situazione?

Il mio consiglio – non da esperta, ma è quello che realisticamente cercherei di fare io se fossi nella loro situazione – è di fare un pochino di attività fisica, come lo stretching o sistemare la propria stanza, che fa stare in salute e fa passare il tempo, però evitare di affaticarsi inutilmente e di bruciare troppe calorie. Per far passare il tempo leggere, guardare la TV o Netflix, disegnare – chi è capace ma anche chi non lo è, per cimentarsi in qualcosa di nuovo – ma soprattutto scrivere, pensieri, poesie, quello che passa per la testa, magari una sorta di “diario di bordo” della quarantena.

Tenere un diario (io per un periodo l’ho tenuto) aiuta molto, soprattutto perché in questo periodo è davvero complicato comunicare con le proprie dottoresse e psicologhe, benché esistano sì dei sistemi di comunicazione come WhatsApp e Skype è comunque difficile non avere più una persona di supporto al proprio fianco. Scrivere un diario aiuta ad esternare tutti quei pensieri e tutte quelle cose che si sentono dentro.

In definitiva pensi che questa immobilità forzata possa in qualche modo essere utile a trovare una strada verso la guarigione? O tende più a peggiorare la situazione?

Non lo so. Sicuramente può rendere consapevoli, una ragazza non decide di guarire perché è in quarantena, dev’esserci qualcosa in lei che scatta. Senza dubbio questo periodo complicato in cui si mangia ma non ci si muove è parecchio problematico per chi soffre di disturbi alimentari; magari una ragazza pensa “Okay, io mangio però non posso bruciare calorie, allora o mangio e mi muovo 24h su 24 oppure mangio di meno” e così rischia di tornare indietro. 

Tra l’altro adesso non c’è neanche il vero aiuto dello staff medico, nel senso che molte ragazze che sono seguite – magari da un centro o da nutrizioniste e psicologhe – non possono vederle, non possono andare ai controlli settimanali. E questo può essere pericoloso per le ragazze perché si sentono sole, perse; una ragazza che mi ha scritto poco fa mi diceva “La mia nutrizionista non può neanche parlarmi perché è a Torino e io mi sento molto persa”. 

C’è il rischio che questa situazione possa far tornare indietro (nella fase più grave della malattia, ndr), però può anche far crescere, dare consapevolezza: la stessa ragazza mi ha scritto che sta tenendo duro e cerca di non mollare.

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