#chiamalaVIOLENZA, la campagna social per riflettere sulla violenza di genere

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#chiamalaVIOLENZA è la campagna social che ambisce alla riflessione sulla violenza di genere e sulla conseguente normalizzazione di comportamenti tossici quali il controllo e l’abuso. Ne deriva in seguito la definizione alterata di “gelosia” come comportamento che esprime un elevato interesse nei confronti del partner. Si oppone invece il significato di “fiducia”, che viene associato invece alla noncuranza.

Se ne occupa in maniera approfondita l’indagine condotta da IPSOS riguardante il tema della violenza all’interno delle relazioni intime tra adolescenti italiani, prendendo in considerazione circa 800 ragazze e ragazzi tra i 14 e i 18 anni. Vengono analizzati in particolare i temi del consenso, del controllo, dello stupro e della violenza tramite l’analisi di percentuali che mostrano la tendenza di pensiero degli adolescenti italiani.

TEMA DEL CONSENSO

Per quanto riguarda il sopracitato argomento, si può notare che il 48% dei partecipanti all’indagine ritiene complicato il rifiuto di un rapporto intimo se voluto dalla persona con la quale si ha una relazione. Al riguardo è presente spesso un elemento culturale di fondo che influenza il comportamento nei confronti del partner, che a sua volta può tendere ad atteggiamenti manipolatori volti ad abusare mentalmente e/o fisicamente.

La violenza all’interno di una relazione si presenta come un elemento a volte silenzioso, poiché racchiuso in un rapporto che si presume erroneamente consensuale. Di fatto
“violenza” in una relazione può essere sostituita o confusa con “sacrificio” per paura di contraddire il partner compromettendo il rapporto stesso. Chi subisce, di fatto è soggetto al timore di una mancata credibilità perché esposto ad un’azione di conflitto nei confronti dell’altra persona.

TEMA DEL CONTROLLO

In proposito di tale assunto vi è la percentuale del 25% circa che rappresenta coloro che in una relazione hanno subìto forme di controllo che si manifestavano nelle sfere social e sociali. In particolare, si presenta il divieto di contattare determinate persone e avere con loro interazioni, sia dal vivo che su piattaforme mediali.

Una possibile scusante che maschera la tossicità di tale comportamento è la reciprocità del controllo, vale a dire un atteggiamento opprimente da parte e nei confronti di entrambe le
parti costituenti la relazione. In questo caso la violenza essendo online può essere difficilmente riconosciuta, poiché ostacolata dalla “leggerezza” con cui viene affrontata e di conseguenza sminuita.

TEMA DELLO STUPRO E DELLA VIOLENZA

Questi due argomenti in particolare richiedono delicatezza, poiché hanno uno sfondo culturale che pone in squilibrio le figure sociali dei due sessi con un’ovvia prevalenza del genere maschile, abituato erroneamente ad un sistema di controllo e dominio. Ne consegue inoltre l’educazione e il contesto sociale nel quale si è cresciuti per comprendere in modo più approfondito la mentalità di chi tende a compiere azioni del genere, cercando di non sfruttare le dinamiche passate come giustificazioni per i comportamenti attuati.

Per quanto riguarda invece la figura della donna vi sono altrettanti elementi da tenere in considerazione, quale il costante ruolo di inferiorità di cui è vittima nella società. Ruolo che da solo non basta per difendersi da situazioni di pericolo. Spesso si ricorre ad elementi ed aiuti esterni quali allarme sonoro e spray al peperoncino (registrato). Nonostante queste precauzioni non siano una garanzia ci danno un senso di sicurezza che ci consente di spostarci con meno preoccupazione. Oltre agli elementi fisici vi sono tuttavia anche quelli comportamentali, che si differiscono tra i limiti che ci poniamo nel vestiario e nel nostro atteggiamento abitudinario. Per quanto riguarda l’abbigliamento vi è una paura costante che possa essere considerato come un elemento di invito nei confronti di altre persone, riferendosi appunto alla filosofia del “it’s a dress not a yes” che definisce indipendente l’abito scelto dall’opinione e dalle intenzioni di chi ci circonda. Così come l’atteggiamento che ci caratterizza non dovrebbe essere correlato ad un presunto consenso se non esplicitato.

Dal punto di vista esterno si può intravedere una società che ha ormai normalizzato tali avvenimenti, considerando le notizie riguardanti gli stessi “abitudinarie” e “di routine”. Ne consegue quindi una percezione sminuita del reale pericolo che incombe nella nostra comunità. Vi è inoltre la diffusione di quelle che sono violenze di impatto “minore”, come il catcalling, che viene considerata un’azione spregevole e volgare, ma alla quale ci siamo ormai abituat*.

Un altro sottotema molto importante da considerare è il cosiddetto victim blaming, ovvero la colpevolizzazione della vittima, che avviene, usando come elementi a favore l’abbigliamento indossato, l’atteggiamento condotto o addirittura lo stato mentale e/o fisico.

Quest’ultimo può essere approfondito con un riferimento all’assunzione di sostanze stupefacenti che potrebbero ma non dovrebbero dare il senso di potere e controllo a chi ha intenzioni pericolose.