Statuto dei lavoratori: la legge che cambiò il mondo del lavoro

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Il 20 maggio di 50 anni fa la legge 300/70, lo Statuto dei lavoratori, entrava in vigore, a ridosso del famigerato “autunno caldo”, con l’obiettivo di dare organicità ai diritti del lavoratore, con particolare enfasi sui diritti sindacali: prima di allora, un operaio che avesse voluto scioperare non aveva alcuna forma di garanzia di non perdere il posto facendolo. 

L’idea dello Statuto nasce in un periodo turbolento per l’Italia. Siamo all’inizio degli anni Sessanta: la repentina migrazione della forza-lavoro dalle aree rurali a quelle industriali mette la classe imprenditoriale in una condizione nettamente privilegiata. Ben presto esplode il ‘68. Le lotte sindacali, gli scontri con le forze dell’ordine e le occupazioni di fabbriche si susseguono senza sosta. 

L’On. socialista Giacomo Brodolini, considerato il “padre” dello Statuto dei Lavoratori e allora Ministro del Lavoro, annuncia un disegno di legge sul tema, realizzato poi con una commissione da lui scelta. Lo Statuto venne approvato dalla Camera con 217 voti a favore, e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 20 maggio 1970. 

I temi chiave sono: la tutela della dignità e della privacy dei lavoratori; il diritto a svolgere l’attività sindacale nei luoghi di lavoro, per fini di rappresentanza e tutela; la libertà di opinione del lavoratore. Famoso è l’articolo 18, che introduce il reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa. Si astennero dal voto PCI, PSIUP e MSI. 

Il 15 maggio, l’Unità riportava “il testo definitivo contiene carenze gravi e lascia ancora molte armi, sullo stesso piano giuridico, al padronato”. Lo Statuto dei lavoratori originario è oggi da molti considerato obsoleto, figlio di un contesto socio-economico completamente diverso dal nostro. Ciò che non è per nulla obsoleto è lo spirito con cui lo Statuto è nato, e la necessità di dialogare, e lottare, per le prossime conquiste del mondo del lavoro.

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