un mese senza news

Disintossicarsi dalle news per tornare a informare (e informarci) sul serio

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Nel flusso inquinato dell’informazione di tutti i giorni cinque giornalisti e aspiranti tali, Alberto Puliafito, Beatrice Broglio, Luigi Scarano, Natale Ciappina e Peter Laufer, hanno deciso di prendersi una pausa dalle news – quest’estate – per riprendere ossigeno.

Nella diretta Facebook “Un mese senza news” rispondono alle domande della redazione di Change The Future su come e perché hanno deciso di stravolgere la loro dieta informativa.

“Ho disinstallato dal telefono le applicazioni dei social network e dei giornali a cui sono abbonato. Ho eliminato dalla barra dei preferiti dei miei browser i loro siti internet. Ho disabilitato l’account di posta elettronica dedicato alle newsletter – così inizia il detox di Luigi – e ho smesso di controllare i feed RSS, come faccio ogni giorno da anni. Per un mese ho fatto a meno di tutto ciò”.

Smetti di leggere notizie”, l’ultimo libro di Rolf Dobelli, è stato il libro-guida del loro news detox.

Alberto Puliafito, direttore di Slow News, introduce la diretta evidenziando la differenza tra le “news”, che ci illudono di informarci con contenuti inviati a spizzichi e bocconi, e le notizie, “che non sono qualcosa di nuovo, ma qualcosa degno di nota”.

Peter, Alberto, Luigi e Natale si sentono meglio, Beatrice no. “Se dovessi fare una dieta, non sarebbe quella di Dobelli” – s’intitola così la testimonianza di Beatrice, che risulta da subito una voce fuori dal coro. Riconosce che il detox l’ha aiutata a capire che giornalista vuole essere, ma ne individua limiti e criticità. “Di fatto, il regime che propone ha la pretesa di essere valido per tutti. Ma non esiste una dieta universale, né per il corpo, né per la mente. Il limite di Dobelli è non differenziare. Promette di diventare liberi. Ma le restrizioni imposte rischiano solo di ingabbiare”.

Appare un paradosso: un giornalista che per stare bene si allontana da ogni news. Si parla spesso di crisi del giornalismo, ma ascoltando Beatrice, Luigi e Natale quel che risulta centrale è la crisi del giornalista.

Qualcuno nei commenti solleva il problema: “Una delle cose che mi preoccupa sempre di più è il disinteresse della nostra categoria (i giornalisti) rispetto agli effetti del proprio modo di lavorare”.

“Leggere le notizie può essere prosciugante – incalza Luigi – così come scriverle. Tanti miei colleghi sono incorsi in veri e propri burnout. Sulle notizie dovrebbe esserci il banner Consultare con cautela”.

Beatrice cita la FOMO, fear of missing out, letteralmente “paura di essere tagliati fuori”, il timore di perdere ciò che accade attorno a sé, l’ansia di rimanere esclusi dalla possibilità di interagire con il mondo; conseguenza della cultura della performance.

Tirando le somme su cosa abbiano realmente imparato dopo questo esperimento, Natale, senza alcun timore, afferma: “Ho imparato che molte cose non mi interessano veramente”. Per lui non è il primo detox e non sarà neanche l’ultimo. “Mi sento sopraffatto dal flusso delle notizie e a volte sento il bisogno di staccare”.

“Ora ho reinstallato tutte le applicazioni, le newsletter hanno ripreso ad arrivarmi per posta, leggo con uno spirito nuovo il quotidiano al mattino, cerco di impedire ai social di mangiarsi troppo del mio tempo”: così si conclude il detox di Luigi. “Ho imparato a vivere meglio le mie esperienze – aggiunge nella live – per poterle poi raccontare meglio.”

Qualcuno ha scritto che la crisi del giornalismo è una crisi motivazionale “in forza di cui il bene informazione non esplica quelle funzioni di gratificazione di bisogni di conoscenza e partecipazione alla vita pubblica, che hanno costruito l’architettura simbolica della centralità dell’informazione fino a ieri”.

Ma se ci sono giornalisti che hanno sentito la necessità di intraprendere una dieta drastica dalle news è il caso di mettere sul piatto della bilancia anche lo stato di salute della figura del giornalista che – posto nella condizione di dover lavorare nel disordine informativo – diviene vittima e carnefice della crisi del giornalismo.