Generazioni connesse

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SPECIALE A CURA DI ROBERTA LAGLIA ED EMMA PUGLIA

Non ci bastiamo da soli/e. La nostra identità è in continua ridefinizione e si ridefinisce nella relazione con gli altri/le altre e nel come gli altri/le altre ci vedono. In presenza di una condizione di esistenza online resa possibile dall’evoluzione tecnologica degli ultimi venti anni, la costruzione del sé avviene anche negli ambienti digitali: in tal senso la rete diventa per i più giovani il luogo in cui la definizione, la negoziazione e rinegoziazione di sé e il bisogno di riconoscimento sociale, si relazionano con un ambiente che ha specificità tecniche e tecnologiche proprie. E l’incontro tra ambiente digitale e identità comporta, in particolare per i più giovani, comportamenti e pratiche dall’alto investimento valoriale che richiedono la messa a fuoco di differenti piani di consapevolezza, riflessività e responsabilità.

A tal fine il progetto Generazioni Connesse — il cui obiettivo è quello di promuovere strategie finalizzate a rendere internet un luogo più sicuro per gli utenti più giovani favorendone un uso positivo e consapevole – ha programmato nel 2019/2020 un ciclo di seminari formativi e di sensibilizzazione dedicati ai cd professionisti dell’infanzia (assistenti sociali, pediatri, psicologi, educatori, docenti e dirigenti scolastici, membri di organizzazioni e realtà che operano con i minori) con lo scopo di stimolare una riflessione critica sul ruolo delle tecnologie digitali nelle esistenze di bambini e ragazzi/e che qui viene riattraversato e riraccontato con lo sguardo delle redattrici e dei redattori di Change the Future attraverso link a podcast, video, materiali di approfondimento che trovate di seguito.

Internet non è stato infatti creato pensando ai più giovani e chi rischia di pagare il prezzo più alto sono proprio loro, la cui inesperienza, legata principalmente all’età, il bisogno di sperimentarsi e la non comprensione piena delle dinamiche di funzionamento del mezzo, possono aumentare la loro sovraesposizione e vulnerabilità, online come offline.

Online e offline non sono due mondi separati – esistenze onlife le chiama il filosofo della scienza Luciano Floridi – e i confini tra i due piani sono oggi molto labili. Le competenze di cui hanno bisogno e che devono poter sviluppare per confrontarsi costruttivamente e criticamente con le nuove tecnologie per valutare in anticipo le possibili conseguenze di tutte le loro azioni online, sono dunque complesse e articolate.

Agire online è infatti un agire libero solo se si è messi/e nelle condizioni di “conoscere le regole del gioco”, se si è in grado cioè di fare scelte il più informate e consapevoli possibili riconoscendo le implicazioni delle stesse e anche l’esistenza di eventuali zone grigie che non sempre è possibile controllare. Per questo l’uso dei media deve essere coniugato con la consapevolezza che le azioni compiute in rete possono avere ricadute effettive sulla realtà (sia in positivo che in negativo) anche se non sempre se ne ha una percezione immediata.

Quello che contraddistingue le forme di esistenza online di tutte/i noi è infatti una sostanziale condizione di incorporeità: su internet ci si può vedere, parlare ma non toccare. Il corpo concretamente inteso non è presente e questo può compromettere la comunicazione non verbale che non è un’alternativa alla comunicazione verbale ma l’essenza stessa della comunicazione (cfr Tonioni, 2016).

L’assenza della presenza fisica e un supposto anonimato possono favorire lo scambio tra pari relazionale, affettivo, sessuale ma possono in alcuni casi anche portare ad amplificare aggressività e violenza tra pari, o ad abusi da parte di adulti. Ma le tecnologie digitali possono anche favorire l’inclusione, in particolare in ambito scolastico, come garanzia diffusa e stabile di partecipazione alla vita scolastica e in senso più ampio. In questo presente pandemico, l’affermazione di un livello di didattica a distanza senza precedenti ha reso ancora più evidente come l’ambiente di apprendimento non coincida più con il solo spazio fisico che delimita l’aula scolastica e come il digitale possa diventare spazio utile e strumento inclusivo e compensativo anche per bambini/e ragazzi/e con bisogni educativi specifici (BES e DSA). In questo scenario in rapida evoluzione, anche i contesti d’uso dei videogiochi e della gamificazione possono essere utilizzati (e in effetti già da tempo lo sono) non limitandosi al solo intrattenimento ma – grazie all’evidente potenziale motivazionale – anche nella didattica e nella formazione in generale.

Testo a cura di Barbara D’Ippolito

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